Cagliari. Sembrava un processo destinato a chiudersi con l'assoluzione degli imputati, ma ore è arrivata la relazione elaborata dai periti del tribunale a gettare una cupa ombra accusatoria sui due medici che il pm Giangiacomo Pilia ritiene responsabili della morte di Giuseppe Casu, il fruttivendolo di Quartu Sant'Elena morto il 22 giugno 2006 nel servizio di psichiatria dell'ospedale Santissima Trinità dopo sei giorni di contenzione fisica e trattamente farmacologico.
I periti Rita Celli, Guglielmo Occhionero e Elda Feyles, nominati dal giudice monocratico Simone Nespoli, confermano - secondo l'Agenzia Italia, che ha anticipato la notizia - la tesi dell'accusa e fanno riferimento a "una contenzione troppo prolungata e un decesso, causato da un evento cardiaco acuto, prevedibile e prevenibile".
La vicenda è nota. Casu arrivò a Is Mirrionis per un trattamento sanitario obbligatorio disposto dal sindaco di Quartu ed eseguito in piazza IV Novembre il 16 giugno 2006.
Era molto agitato e secondo i medici in preda a crisi difficili da gestire che lo rendevano violento e pericoloso, per se e per i medici.
Per questo fu legato al letto. Morì per "insufficienza cardiaca correlabile ad un'aritmia, evento compatibile con gli effetti collaterali dell'azione del principio attivo dell'aldoperidolo" scrivono i periti del tribunale nella relazione di 55 pagine depositata ieri mattina e che sarà disussa in aula il prossimo 11 ottobre: "Fu la carenza organizzativa - si legge nel documento - tradottasi in un difetto di assistenza nella fase diagnostica, a determinare il decesso e per tanto è da riconoscersi la responsabilità in capo ai curanti del predetto servizio nel determinismo dell'evento. Evento di per se stesso, data la natura del trattamento psicofarmacologico, prevedibile e prevenibile".
Proseguono i periti: "Nel caso del paziente Casu, non ricorre quasi mai il requisito dell'attualità del pericolo di vita che avrebbe motivato una contenzione - spiegano riguardo alla necessità di tenerlo legato al letto - perchè il paziente delirava e dunque al più avrebbe delirato con maggiore intensità. E non risulta in letteratura che mai nessuno sia morto per delirio o allucinazioni".
Le conclusioni sono queste: "Costringere a letto una persona non è un atto medico salvo pericolo attuale di vita e non sono giustificabili interventi preventivi".