La sfida tra periti va avanti per tre ore abbondanti, a colpi di teorie scientifiche, puntualizzazioni e citazioni mediche. Alla fine però, quando c'è da rispondere all'interrogativo fondamentale, ognuno rimane della propria posizione: per i consulenti del pm Giangiacomo Pilia se le parti anatomiche ( in primis il cuore) di Giuseppe Casu, il paziente deceduto al Santissima Trinità nel giugno di quattro anni fa, non fossero misteriosamente scomparse, si avrebbe certamente avuto un elemento in più per capire le cause della sua morte; per quelli della difesa (avvocati Luigi Concas, Antonio De Toni e Pierluigi Pau), la disponibilità di quei reperti non avrebbe invece cambiato alcunché.
Questo in sintesi l'esito dell'udienza di ieri al processo contro il primario di Anatomia patologica del Santissima Trinità Antonio Maccioni, accusato, insieme al tecnico Stefano Esu, di soppressione di parti di cadavere, favoreggiamento, frode processuale e falso. Un inchiesta nata dalle pieghe del processo a carico del primario di Psichiatria Gian Paolo Turri e la psichiatra Maria Cantone, finiti sotto accusa proprio per la morte dell'ambulante quartese Giuseppe Casu, che era deceduto in Psichiatria il 22 giugno del 2006 dopo essere stato forzatamente bloccato al letto per sette giorni. Nell'ambito di quest'ultimo procedimento il pm Pilia aveva infatti chiesto al Santissima Trinità i reperti anatomici del paziente, in modo che i medici legali potessero confermare il riscontro diagnostico che parlava di trombo embolia polmonare. Alla polizia giudiziaria era stata consegnata una boccetta contrassegnata dal n°13 e dal nome Giuseppe Casu, ma i professori Frau e Francesco Paribello si erano accorti subito che i pezzi anatomici non erano quelli dell'ambulante quartese, i cui familiari sono tutelati dall'avvocato Mario Canessa, ma di un altro paziente morto a causa di un tumore. I due medici legali avevano allora avvisato il pm e si era scoperto che i reperti asportati dal cadavere di Casu erano scomparsi. Il magistrato aveva così aperto un'inchiesta bis che aveva coinvolto Maccioni e Esu, anche perché era emerso che il giorno prima del sequestro dei reperti conservati in formalina Turri e Maccioni avevano parlato al telefono per dieci minuti. Il processo riprende il 21 maggio.