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Tribunale. Parlano i periti della difesa dell'ambulante morto al Santissima Trinità
Maria Francesca Chiappe
Fonte: Unione Sarda, 2 ottobre 2009
2 ottobre 2009


I consulenti tecnici della difesa mettono in dubbio le cause della morte del paziente: Giuseppe Casu non sarebbe stato ucciso da una trombo embolia ma da uno scompenso cardiaco imprevedibile.
I medici fanno quadrato intorno al loro primario. Sanno bene di rischiare le stesse accuse che vedono Gian Paolo Turri e Maria Rosaria Cantone sul banco degli imputati per omicidio colposo, ma non per paura delle loro scelte professionali. E allora: si, il giudice utilizzi pure le dichiarazioni che hanno reso in Tribunale sui farmaci somministrati all'ambulante quartese Giuseppe Casu, ricoverato in psichiatria al Santissima Trinità il 22 giugno 2006 e morto in corsia 6 giorni dopo. All'udienza del 24giugno scorso Antonella Baita , Maria Rosaria Murgia, Marco Murtas e Marisa Coni avevano parlato del perché il paziente fosse stato legato al letto e dei farmaci somministrati d'intesa con tutti gli psichiatri del reparto. Ma quelle dichiarazioni non erano utilizzabili perché auto indizianti, così il giudice aveva bloccato il processo. Per ieri mattina i quattro medici erano stati riconvocati in aula, questa volta avvertiti della quasi certezza di finire nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio colposo aggravato dalla previsione del rischio. E con grande coraggio tutti e quattro rinunciano alla facoltà di non rispondere, si fanno assistere dall'avvocato Carlo Pilia e confermano tutto. In sostanza: se hanno sbagliato Turri e Cantone hanno sbagliato tutti. Oppure, più semplicemente, non ha sbagliato nessuno e la morte del paziente è stata pura fatalità. E' l'ennesimo colpo di scena del processo, non l'ultimo però. Si, perché subito dopo ci pensano i consulenti tecnici della difesa (anatomo-patologi, farmacologi e psichiatri) a sparigliare nuovamente le carte. A sorpresa mettono addirittura in subbio le cause della morte. Casu non sarebbe stato ucciso da una trombo embolia polmonare, dovuta, secondo l'accusa, alla lunga contenzione fisica unita a dosi massicce di psicofarmaci, bensì a uno scompenso cardiaco che neppure un elettrocardiogramma avrebbe potuto prevedere. Davanti al Tribunale i medici legali Ferreli, Pascale e De Stefano argomentano: un trombo come quello descritto dai consulenti del pm Giangiacomo Pilia non sarebbe mai potuto arrivare al cuore. Dunque, si è trattato di un imprevisto, non c'è nesso causale tra la morte e la contenzione fisica né con i farmaci che, secondo Gino Serra, sono stati somministrati nei giusti dosaggi. La difesa del primario del Santissima Trinità e della psichiatra Maria Rosaria Cantone gioca le carte dei consulenti per dimostrare la correttezza delle cure somministrate a Giuseppe Casu. Non replica la parte civile, neppure il pm ma solo perché nell'integrazione al capo d'imputazione aveva indicato anche lo scompenso cardiaco, causato però, dai farmaci. Ora l'attenzione si concentra sull'udienza del 26 novembre quando il giudice Simone Nespoli deciderà se disporre una perizia super partes per fugare ogni dubbio sulle cause della morte del paziente.
Tutto è cominciato il 22 giugno 2006 con la morte dell'ambulante quartese stroncato da un embolia polmonare dopo 6 giorni do contenzione fisica a letto e Turri e la Cantone erano finiti sotto accusa. Dopo qualche tempo era saltata fuori l'inchiesta bis sulla misteriosa sparizione dei reperti anatomici del paziente dal reparto di Anatomia patologica: quell'indagine aveva addirittura portato agli arresti domiciliari il primario Maccioni accusato di soppressione di parti di cadavere, favoreggiamento, frode processuale, falso materiale, ideologico e per soppressione insieme al tecnico dello stesso reparto Stefano Esu.