Hanno difeso il primario e la loro collega, hanno confermato le parole di Giampaolo Turri e Maria Cantone, hanno ribadito che ogni giorno si riunivano per decidere la terapia più idonea a curare Giuseppe Casu, il sessantenne ambulante quartese ricoverato con un trattamento sanitario obbligatorio il 22 giugno di tre anni fa: convocati dalla difesa i cinque psichiatri del Santissima Trinità hanno spiegato al Tribunale l'organizzazione di un reparto ad altissima tensione. I primi quattro hanno parlato nella scorsa udienza, senza interruzioni. Il quinto, ieri pomeriggio l'ultimo teste ha ribadito la collegialità delle decisioni su contenzione fisica e terapia farmacologica per poi confermare il potere di ogni psichiatra di interrompere in ogni momento la terapia: se non è stato fatto evidentemente nessuno lo ha ritenuto opportuno. A quel punto il pubblico ministero ha interrotto l'esame, ed è stato un vero choc. "Stanno sostanzialmente ammettendo una condotta identica a quella contestata a Turri e alla Cantone, si tratta di una dichiarazioni di auto indizianti nelle quali gli psichiatri hanno addirittura ammesso di aver valutato il profilo della colpa cosciente nel momento in cui hanno detto di aver valutato i rischi della terapia": il pm Giangiacomo Pilia ha premesso di aver aspettato per non condizionare i testi a difesa. Quindi ha sollevato una questione giuridica: come utilizzare nel processo le parole dei cinque testi a difesa?
Il giudice Simone Nespoli ha sospeso l'esame dell'ultimo psichiatra e ha rinviato il processo al 16 luglio per decidere: se non dovesse ritenere auto indizianti le dichiarazioni dei cinque psichiatri il processo andrà senz'altro avanti, altrimenti sarà costretto a riconvocarli con un avvocato difensore e il pm dovrà per forza un inchiesta-stralcio e iscrivere i cinque testimoni nel registro degli indagati con le stesse accuse contestate a Turri e la Cantone, omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente.
Il colpo di scena è del primissimo pomeriggio di ieri è l'ennesimo in una vicenda giudiziaria cominciata il 22 giugno 2006 con la morte dell'ambulante quartese stroncato da un embolia polmonare dopo sei giorni di contenzione fisica a letto. Il primo era stato la sospensione dal servizio per cinque anni, decisa dalla Asl 8 per il primario subito dopo il rinvio a giudizio. Poi era saltata fuori l'inchiesta bis sulla misteriosa sparizione dei reperti anatomici del paziente del reparto di Anatomia patologica: quell'indagine aveva addirittura portato agli arresti domiciliari il primario Maccioni accusato di soppressione di parti di cadavere, favoreggiamento, frode processuale, falso materiale, ideologico, e per soppressione insieme al tecnico dello stesso reparto Stefano Esu. L'inchiesta aveva anche comportato il sequestro del software del reparto. Quindi la Asl 8 aveva anche deciso di sospendere dal servizio anche Maccioni ma la decisione, così come quella su Turri, è rientrata di recente e i due primari sono tornati al loro posto di lavoro. Ma, proprio alla vigilia del reintegro di Maccioni, durante le operazioni di pulizia del suo studio erano saltati fuori a sorpresa 22 vetrini allegati al riscontro autoptico effettuato su Giuseppe Casu. Un giallo nel giallo. I due processi si svolgono paralleli: da un lato quello di Turri, dall'altro quello di Maccioni, e ora l'indagine rischia di dividersi in un terzo troncone: sarà il giudice a valutare le parole dei cinque psichiatri chiamati in difesa di Turri e della Cantone.