Cagliari. Sono stati rievocati ieri davanti al giudice monocratico i sette giorni di ricovero coatto dell'ambulante Giuseppe Casu, morto il 22 giugno 2006, per una trombo embolia che la pubblica accusa mette in relazione con la contenzione prolungata e la sedazione mai interrotta e per la quale sono accusati di omicidio colposo il primario, Paolo Turri, e il medico, e il medico che ricoverò Casu, Maria Rosaria Cantone. Ieri sulla relazione tra il decesso e le terapie adottate, ha presentato la relazione il perito della famiglia Casu, lo psichiatra di Pisa Icro Maremmani, il quale in estrema sintesi , ha sostenuto che i dosaggi dei vari farmaci scelti dai medici erano notevoli e che gli stessi terapisti avevano difficoltà a svegliare il paziente: perché non ridurre le dosi? Inoltre la contenzione prolungata, pur fatta in maniera corretta (il paziente veniva fatto alzar e lavato), non è un buon abbinamento con una sedazione importante.
Poi è stata la volta degli imputati. Si è scelto di interrogare prima la dottoressa Maria Rosaria Cantone perché fu lei in ordine cronologico ad incontrare per prima Casu intorno alle 13 del 15 giugno 2006 quando lo portarono all'spdc di Is Mirrionis i vigili urbani di Quartu. Il nodo processuale non sta tanto in quello che si decide all'arrivo di Casu, ma in ciò che non venne modificato nell'arco dei sette giorni successivi. Attraverso le domande del pm Gian Giacomo Pilia, degli avvocati di parte civile, Mario Canessa e Dario Sarigu, nonché dei difensori suoi e del dottor Turri, Luigi Porcella, Gian Franco Macciotta, Massimo Ledda, Cantone ha ricostruito la scelta di sedare in modo pesante quell'uomo che aveva una storia familiare di gravi disturbi psichici, era in piena agitazione psicomotoria, era epilettico, mostrava confusione. Cantone ha spiegato che la contenzione nel'spdc era frequente causa l'affollamento, i ricoveri erano di persone lì contro la loro volontà, su ottocento/mille ricoveri in un anno se ne contenevano un centinaio , con un picco di 178. Cantone ha chiarito che la contenzione non da immobilità: i nastri sono lunghi. Il giorno 17 Casu non ricevette terapie ma restò legato: s'era strappato il catetere provocandosi una lacerazione. "Strapparsi il catetere non era segno di aggressività - ha precisato Maria Rosaria Cantone - ma della sua capacità di rendersi conto di cosa potesse fargli male". Sul dosaggio dei farmaci: "Anche per noi dormiva troppo e infatti il giorno 20 cambiammo". Scopo della terapia: che il paziente uscisse dalla confusione.