Blitz al Santissima Trinità: la magistratura ha sequestrato i computer di Anatomia patologica e, quel che più conta, il server centrale del quale passa l'intera attività sanitaria. Risultato: da ore nell'ospedale è tutto bloccato. Il nucleo di polizia giudiziaria della Asl ha notificato nel primo pomeriggio di ieri il decreto firmato dal sostituto Giangiacomo Pilia che indaga sulla sostituzione di pezzi anatomici nel reparto diretto da Antonio Maccioni: il primario da otto giorni è agli arresti domiciliari con l'accusa di aver combinato il pasticcio per aiutare il direttore del servizio Psichiatria Gian Paolo Turri sotto processo per omicidio colposo.
Gli inquirenti vogliono verificare le dichiarazioni rese da Maccioni mercoledì davanti al gup: l'anatomopatologo ha parlato di un registro informatico con le autopsie, i riscontri diagnostici e le analisi eseguiti al Santissima Trinità. E da lì, stando alle dichiarazioni del medico, dovrebbe risultare che il contenitore con i pezzi anatomici di Giuseppe Casu - l'ambulante quartese ucciso da una trombo embolia polmonare il 22 giugno 2006 dopo un trattamento sanitario obbligatorio - è stato etichettato con lo stesso numero, 13, usato per custodire i reperti di un uomo stroncato dallo stesso male. Il registro cartaceo sembrerebbe smentire il primario, ecco perché è indispensabile consultare quello informatico. I data base dei computer in dotazione al reparto di Anatomia patologica e il cervellone centrale ieri sera sono stati consegnati al consulente tecnico Carlo Piras che nel più breve tempo possibile dovrà scaricare i dati per restituire i macchinari in modo che il Santissima Trinità possa riprendere l'attività. La polizia giudiziaria ha sequestrato anche il registro cartaceo dal momento che fra gli atti dell'inchiesta c'era soltanto una copia.
Ma non è tutto: si profila la possibilità che il cadavere di Giuseppe Casu venga riesumato. E non per verificare le cause di morte, dal momento che gli organi non ci sono più, piuttosto per verificare le cause della morte, dal momento che gli organi non ci sono più, piuttosto per essere sicuri che i vetrini consegnati all'autorità giudiziaria da Maccioni insieme alla boccetta sbagliata siano effettivamente quelli dell'ambulante quartese. Per lo stesso motivo è stata riconvocata in Procura, come testimone, Daniela Onnis, il medico legale che insieme a Maccioni ha eseguito il riscontro diagnostico su Casu. Contrariamente a quel che sostiene Maccioni, i consulenti medico-legali del pm Pilia ritengono comunque che attraverso i vetrini non si possano individuare le cause della morte del paziente, legato al letto per sette giorni e sottoposto a dosi massicce di sedativi.
Nel frattempo il pm Pilia sta cercando di capire chi, come, quando e perché abbia smaltito il contenitore numero 14 che, dopo lo scambio, conteneva i pezzi anatomici di Casu. Ieri mattina il magistrato ha sentito, come testimoni, i quattro necrofori del Santissima Trinità e tutti hanno dato la stessa risposta: non siamo stati noi, noi non possiamo proprio toccare le boccette con la scritta AU (la sigla indica che è stata eseguita l'autopsia), sono pochissime e vengono custodite in uno scaffale a parte, lo smaltimento è compito del tecnico; tutti gli altri reperti anatomici vengono smaltiti da noi su disposizione del capo tecnico che provvede anche all'apertura dei coperchi sigillati; le disposizioni in questa materia sono categoriche, difficile dunque che la boccetta numero 14 sia stata smaltita per errore. Così i necrofori.
A questo punto un chiarimento potrà fornirlo il tecnico anatomo-patologo Stefano Esu: indagato a piede libero per la sparizione dei reperti è stato convocato dal pm per lunedì mattina. Nel corso degli interrogatori precedenti, quando era ancora un testimone, aveva dichiarato di aver ripreso in mano il contenitore 13 su disposizione di Maccioni: "Ho richiuso ermeticamente il contenuto e l'ho sistemato in uno scaffale separato dai contenitori delle altre autopsie. Dopo due mesi ho visto quel contenitore sotto una cappa col coperchio non chiuso ermeticamente e con l'indicazione "non eliminare, a disposizione del magistrato".
Maria Francesca Chiappe.
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IL SOSPETTO
Forse un errore nel dosaggio dei farmaci
E se Giuseppe Casu fosse stato ucciso da una dose eccessiva dei farmaci? O meglio: se la morte dell'ambulante quartese fosse dovuta non solo alla lunga contenzione fisica ma anche alla sedazione farmacologica? I familiari vogliono vederci chiaro dal momento che subito dopo la morte in Psichiatria, non fu eseguita un analisi tossicologica. Fin qui niente di strano, l'anatomo-patologo sa che per fugare i dubbi futuri ci sono i pezzi anatomici: vengono conservati a posta. Solo che i reperti di Casu sono spariti, e allora un accertamento potrà essere fatto soltanto attraverso le cartelle cliniche.
Gli avvocati della famiglia Casu, Mario Canessa e Dario Sarigu, si muovono nel massimo riserbo ma sembra di capire che abbiano affidato una consulenza tecnica a un super esperto per verificare le cause della morte. Il problema è non solo accertare se Casu sia stato realmente ucciso da una trombo embolia polmonare ma anche e soprattutto, che cosa l'abbia provocata. Può essere la lunga contenzione fisica, certo, ma possono aver concorso i molti sedativi che gli sono stati somministrati per tutta la durata della degenza senza un adeguata terapia antitrombotica e senza gli esercizi fisici prescritti dai protocolli sanitari.
Il sospetto di un eccesso di sedativi è legato al fatto che in sede di riscontro diagnostico Antonio Maccioni non ha ritenuto di dover procedere ad un esame tossicologico. E allora, per capire se i farmaci abbiano influito bisognerà studiare attentamente la cartella clinica: l'analisi dei tessuti della salma, che certamente sarà eseguita, potrebbe infatti non dare certezze.
Maria Francesca Chiappe.