Il consigliere regionale di Rifondazione Paolo Pisu ha presentato un'interpellanza all'assessore alla sanità Nerina Dirindin per sapere perché è morto l'ambulante Giuseppe Casu il 22 giugno 2006 dopo sei giorni passati legato al letto nel servizio diagnosi e cura (spdc) dell'ospedale di Is Mirrionis. Pisu, componente ed ex presidente della commissione Diritti civili rilancia l'angosciosa domanda perché in due anni di polemiche quasi solo in difesa del reparto dove il pover'uomo è morto, si è dimenticato un tema fondamentale: quello della fiducia che i cittadini devono poter avere in un sistema sanitario cui si consegnano nel momento in cui sono più fragili. Ma nella conferenza stampa convocata ieri dove erano invitate la figlia di Casu, Natascia, la presidente di tutte le associazioni italiane dei familiari di malati di mente, Gisella Trincas, la responsabile del Comitato libertà e giustizia Francesca Ziccheddu sono emersi anche molti altri aspetti destinati a creare profonda inquietudine civile una volta che, nel procedimento penale pubblico, dovranno finalmente saltar fuori. Ormai famiglie e movimenti vogliono sapere com'è morto Casu, ma anche perché è finito in un reparto psichiatrico dopo essere stato ammanettato in piazza a Quartu: l'uomo, titolo di studio quinta elementare, non poteva fare l'esamino per la licenza di ambulante ed era condannato all'abusivismo. Aveva già pagato varie multe, di cui una da cinquemila euro. Gli era arrivata il 15 giugno (e questa non l'aveva ancora onorata), un'altra i vigili gliela volevano mettere quel giorno, il 16: in molti hanno visto che era nata una discussione, che Casu fumava il sigaro e parlava. Poi l'ambulante è finito a terra, un medico del centro di salute mentale di Quartu compilava in modo non completo il foglio per il trattamento sanitario obbligatorio, la mattina del 16 giugno Casu finiva all'spdc di Cagliari, il sindaco di Quartu non mandava l'obbligatoria richiesta di convalida al giudice tutelare entro le 48 ore successive, come impone la legge. Pisu, che è stato sindaco per 10 anni in un paese, ieri ha detto: a Quartu i tso risultano essere «abbastanza facili». Un aspetto su cui indagare: Gisella Trincas ha chiarito come la legge preveda la presenza contemporanea di tre condizioni, nessuna delle quali, affermavano ieri, sussisteva per l'ambulante. Grave, si diceva ieri nella conferenza stampa, che nessuno (vigili, centro salute mentale) abbia avvertito i familiari della vicenda. La domanda sul perché Casu sia finito all'spdc ne sottintende un'altra: un ambulante che si rifiuta di sgombrare la strada dalle sue mercanzie e si oppone, può infrangere la legge, eventualmente, perché «resiste» al pubblico ufficiale, magari gli scappa la parola grossa (gli insulti, appunto) e se esagera ancora può arrivare a «minacciare». In queste situazioni fioccano gli arresti, le denunce, che c'entra il servizio psichiatrico? C'era una «alterazione psichica tale da richiedere un urgente intervento terapeutico» e tutte le altre condizioni per arrivare a un tso?
Fin qui la prima parte, poi cominciano i sei giorni in cui l'uomo è stato sedato con farmaci e sempre tenuto legato al letto. Ai familiari che lo andavano a trovare chiedeva di essere slegato, voleva andare a fare la pipì sulle sue gambe, chiedeva di mangiare e di fumare. Nel processo penale si dovrà accertare se esiste un nesso di causalità tra l'essere rimasto legato al letto per tanto tempo e la morte. Ma il punto, civile e morale, che alle associazioni dei familiari interessa è anche un altro: la contenzione fisica deve sparire dalle pratiche utilizzate negli ospedali, «nelle case di cura private per gli anziani», in tutte le realtà. Natascia Casu ha spiegato che «quando è morto mio padre il mondo mi è crollato addosso, mi fidavo dei medici, ma in seguito, capire che mio padre
era morto legato, è stato forse peggio della morte stessa. Ecco perché voglio sapere perché mio padre è morto, perché sono spariti i referti della sua autopsia e al magistrato sono state consegnate parti di un uomo deceduto per la stessa causa, tromboembolia,
ma ammalato di tumore». Natascia Casu non ha risposto alle molte domande: c'è un'inchiesta in corso. Francesca Ziccheddu ha sottolineato come i vigili, il 16 giugno, chiamarono un giornalista ma non avvertirono la famiglia di Casu; ha spiegato che il modello prestampato per il tso non era neppure tutto compilato; che non si sa neanche come chiamare una situazione dove Casu era stato ammanettato in piazza e poi tenuto legato al letto senza che mai una volta in sei giorni nell'ospedale si sia tentato qualcosa
per slegarlo. Solo nell'ordinamento penitenziario è ammessa la coercizione fisica, ma in casi ben chiari e comunque sempre alla presenza di personale sanitario ed esclusivamente per il tempo necessario. Pisu ha raccontato di come, nella piazza di Quartu, tanti, dopo il decesso di Casu, fossero andati da lui a dire che Casu era una persona particolare, chiassosa, ma «persona buona».
Infine Pisu, nell'interpellanza, chiede sostegno per i dirigenti della Asl che hanno sospeso il primario Paolo Turri quando questi è stato rinviato a giudizio per omicidio colposo, decisione che ha scatenato le polemiche: «A me dispiace che un primario venga sospeso, ma nessuno può essere ritenuto al di sopra della legge».