Il paziente poteva essere legato mani e piedi, ma non per sette giorni di filato senza terapia antitrombotica né controlli dei sistemi coagulativi. E nonostante sia impossibile stabilire oggi se una terapia diversa avrebbe evitatola morte per trombo embolia dell'arteria polmonare (scoperta dopo due ore), il direttore del servizio psichiatrico del Santissima Trinità Gian Paolo Turri è finito nel registro degli indagati. Omicidio colposo è l'accusa formulata dal magistrato al termine delle indagini avviate con la querela dei familiari dell'ambulante di 61 anni ricoverato per un trattamento sanitario obbligatorio il 15 giugno dell'anno scorso e morto dopo sette giorni di contenzione fisica e sedazione farmacologica.
Ma col deposito degli atti dell'inchiesta viene fuori una vicenda sconcertante: sono stati scambiati, smaltiti, bruciati, insomma spariti i reperti che i consulenti medico-legali avrebbero dovuto analizzare per rispondere ai quesiti posti dal sostituto procuratore Giangiacomo Pilia prima di valutare eventuali colpe mediche. E poiché ai periti sono stati consegnati i pezzi anatomici di un altro cadavere nonostante la certificazione della corrispondenza coni reperti dell'autopsia se Casu, il pm ha di fatto avviato un'indagine su quello che per ora non può essere considerato diversamente da un incidente, seppur al limite dell'inquinamento processuale. Sono stati infatti convocati in Procura, e interrogati come testimoni, tutti coloro che per motivi professionali sono entrati in contatto con i reperti del paziente morto in corsi. Risultato: i contenitori, chiusi ermeticamente, son stati riaperti. Da chi? Perché? E come mai, campioni anatomici che solitamente vengono smaltiti dopo 12 mesi, sono finiti in brevissimo tempo all'inceneritore nonostante il numero di autopsie eseguite nel 2006 non fosse tale da suggerire un'accelerazione? Domande fin qui senza risposta. L'unica certezza è lo scambio del contenuto dei flaconi con i pezzi anatomici del paziente morto in circostanze da chiarire.
La circostanza è stata scoperta, e segnalata, dai consulenti tecnici Giancarlo Nivoli, Giovanni Frau e Francesco Paribello che, non a caso, hanno cominciato la relazione tecnica con queste parole: "La metodologia di valutazione del caso in esame è stata fortemente influenzata da una serie di problematiche tecniche che ci hanno costretto a operare senza avere la disponibilità di un controllo effettivo delle procedure attuate. Nella fattispecie, i pezzi anatomici acquisiti sono risultati non essere compatibili con quelli prelevati a Giuseppe Casu in corso di autopsia, anche se esiste agli atti che il Settore ne ha verificato la corrispondenza nel dicembre scorso in seguito a richiesta di acquisizione da parte delle autorità giudiziaria".
Della clamorosa circostanza nessuno ha saputo niente, nonostante il pm Pilia in febbraio abbia interrogato, come persone informate sui fatti, il direttore di Anatomia patologica del Santissima Trinità Antonio Maccioni, il dirigente della stessa unità Daniela Onnis e il coordinatore Stefano Esu. Bocche cucite, segreto assoluto fino al deposito degli atti posti a base dell'accusa di omicidio colposo mossa al primario Turri. E gli avvocati Mario Canessa e Dario Sarigu, che hanno sollevato il caso per conto della famiglia Casu e che hanno effettuato indagini difensive, si dicono "sconcertati per la prima lettura degli atti processuali in relazione alla sparizione dei reperti. Dobbiamo analizzare a fondo la situazione che riteniamo gravissima. No, non possiamo parlare di inquinamento processuale ma stiamo valutando le opportune iniziative da prendere".
Maria Francesca Chiappe
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La deposizione del coordinatore di Anatomia patologica dell'ospedale de is Mirrionis, Stefano Esu: "Forse un errore involontario"
"Il contenitore ermetico era aperto"
Il coordinatore di Anatomia patologica del Santissima Trinità Stefano Esu è stato sentito dal pm l 19 febbraio scorso: "Durante l'autopsia vengono eseguiti vari prelievi di organi sistemati pio dentro un contenitore che viene chiuso con un tappo ermetico. L'ausiliario riporta l'attrezzatura e i prelievi d'organo all'unità operativa. Il contenitore quindi viene aperto e riempito di formalina dallo stesso ausiliario, e sempre in presenza di un tecnico, richiuso con lo stesso tappo. Dopo qualche giorno il medico che ha effettuato l'autopsia "riduce" i pezzi, cioè esamina e descrive minuziosamente i pezzi ed effettua prelievi della parti più significative e li pone dentro cassette numerate con l'indicazione del pezzo prelevato. Dopo, lo stesso medico provvede a richiudere il contenitore e lo posiziona in un apposito scaffale oppure lo lascia sotto la cappa. Se non ci sono problemi il contenitore rimane nello scaffale fino allo smaltimento che in genere avviene dopo circa un anno. Verso novembre-dicembre 2006 il dottor Maccioni mi ha chiesto di cercare il contenitore relativo all'autopsia di Casu. Era il numero 13 e ho provveduto a posizionare il contenitore sotto la cappa che non presenta altri contenitori. All'arrivo del dottor Maccioni ho aperto il contenitore, il dottor Maccioni ha guardato gli organi e ha disposto di cambiare la formalina, pulire il contenuto e sistemarlo in un posto riservato separato dagli altri. Poi ho richiuso ermeticamente il contenuto e l'ho sistemato in uno scaffale separato dai contenitori delle altre autopsie. Dopo due mesi ho visto quel contenitore sotto una cappa con coperchio non chiuso ermeticamente e con l'indicazione "non eliminare a disposizione del magistrato". (...) Penso che lo scambio possa essere avvenuto involontariamente durante la riduzione dei pezzi".
Antonio Maccioni è stato sentito invece il 13 febbraio: "L'errore materiale deve essere analizzato secondo due differenti aspetti. Il primo potrebbe essere riconducibile a uno scambio di contenitori o coperchi nel corso delle diverse fasi tecniche. Per quanto attiene invece l'assenza di contenitori relativa ad alcune autopsie effettuate nel 2006, non è prassi abituale lo smaltimento dei campioni prima di 12 mesi, sebbene questa eventualità possa verificarsi in caso di accumulo di campioni. (...) In gennaio, a seguito del sequestro, ho rilevato che il tappo del contenitore presentava la linguetta del bloccaggio disinserita e ho personalmente verificato la concordanza di forma tra inclusioni paraffiniche e vetrini. Devo pensare che vi sia stato un errore materiale nella etichettatura del contenitore o uno scambio di coperchi. (...) I reperti vengono conservati nella sala automazione sugli scaffali, nella stanza ha libero accesso il personale della sezione e di pulizia e i necrofori all'atto dello smaltimento. La stanza viene chiusa alle ore 19 insieme al reparto. Non ho motivo di ritenere che persone esterne al reparto possano essersi introdotte nella stanza dei reperti".
Due giorni dopo è stato interrogata Daniela Onnis: "Quando ho saputo della mancata corrispondenza dei pezzi anatomici col dottor Maccioni ho visionato i contenitori delle autopsie del 2006 2007 senza trovare i pezzi anatomici corrispondenti all'autopsia di Casu. Devo precisare che a seguito della richiesta del magistrato, in dicembre, di acquisire la documentazione relativa al riscontro diagnostico di Casu, ho rivisto il contenitore numero 13 il cui contenuto corrispondeva ai pezzi anatomici prelevati durante l'autopsia. Successivamente non ho più rivisto i pezzi. (...) Non ho motivo di ritenere che qualcuno non autorizzato si sia introdotto nell'Unità, preciso che i locali non hanno alcun sistema di sicurezza contro i furti, son al piano terra con finestre sul cortile interno sulla strada e sul della camera mortuaria".
M.F.CH.