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Prelevato con forza e rinchiuso, resta un mistero la morte dell'ambulante Casu
Walter Falgio
Fonte: Liberazione, 20 giugno 2007
20 giugno 2007

Un anno fa moriva Giuseppe Casu, il pensionato e venditore ambulante di Quartu Sant'Elena sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Il 15 giugno del 2006 il sessantenne era stato caricato a forza su un'ambulanza perché, secondo le cronache di quei giorni mai smentite, «si era rifiutato ostinatamente di chiudere la sua bancarella abusiva messa in piedi nella piazza IV novembre». Da Quartu Sant'Elena Casu era stato trasferito a Cagliari, Servizio di Diagnosi e Cura dell'ospedale Santissima Trinità. Il 22 giugno scorso, nelle stanze dello stesso ospedale, i medici avevano constatato la morte del venditore ambulante. Oggi la figlia di Casu, Natasha, dopo aver presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Cagliari assistita dagli avvocati Mario Canessa e Dario Sarigu, ha deciso di raccontare ciò che ha visto dentro il reparto il 16 giugno 2006. «Mio padre era legato al letto. Delle fasciature che sembravano grossi pezzi di lenzuolo gli bloccavano le mani e i piedi. Aveva un panno ma non soffriva di incontinenza. Io sono andata a trovare mio padre anche perché la gente per strada diceva che era stato prelevato con maniere molto brusche - dice Natasha - A quel punto ho cercato di mantenere la lucidità ma avevo la pulce nell'orecchio. Per questo ho controllato mio padre dalla testa ai piedi». E' stata lei a scoprire che Giuseppe Casu aveva la mano destra gonfia e violacea: «Ho avvisato subito il personale dell'ospedale. Il giorno dopo la mano era stata fasciata, mio padre era stato visitato da un ortopedico ma non gli è mai stata fatta la radiografia prescritta». Natasha racconta di aver visto anche sangue nelle urine del padre.
Nei giorni del ricovero Casu era stato fortemente sedato. Tuttavia «nei giorni successivi andava riacquistando lucidità tanto che ci riconosceva, parlava con noi e chiedeva di essere slegato, di poter mangiare e fumare», racconta ancora Natasha. Il 20 giugno l'ospedale informa telefonicamente la famiglia che il paziente aveva avuto un problema respiratorio. Ma poi il medico tranquillizza la moglie di Casu aggiungendo che non era grave. «La mattina del 22 giugno abbiamo ricevuto a casa la chiamata del dottor Trincas che ci ha detto di andare subito in ospedale. Quando siamo giunti in ospedale ci ha detto che papà era già morto e che aveva preferito non comunicarcelo telefonicamente. L'abbiamo visto direttamente in camera mortuaria e per la prima volta slegato», conclude Natasha. La causa mortis per il referto medico è tromboembolia dell'arteria polmonare.
Da quel giorno il "Comitato verità e giustizia per Giuseppe Casu" non ha mai smesso di esigere chiarezza sulla vicenda. Venerdì 15 giugno, nella stessa piazza di Quartu Sant'Elena dove dodici mesi prima carabinieri e vigili urbani avevano prelevato il venditore ambulante, i componenti del Comitato e Natasha, hanno distribuito un volantino. «Noi riteniamo che questo trattamento sia stato disumano», scrive il Comitato. E sottolinea che in base all'esame dei documenti, il Tso è stato effettuato con la generica motivazione di "agitazione psicomotoria" e che emergono irregolarità formali nella procedura «in quanto i tempi previsti dalla normativa per rendere legale il Tso non sono stati rispettati».
Il Comitato chiede che vengano resi pubblici i documenti sui quali si basa il provvedimento del ricovero coatto. «Noi pensiamo infatti - prosegue il Comitato - che questo Tso sia stato una drammatica conseguenza della guerra contro l'ambulantato abusivo attuata dall'amministrazione di Quartu».
In seguito all'esposto presentato da Natasha Casu è stata aperta un'inchiesta coordinata dal sostituto procuratore del tribunale di Cagliari Giangiacomo Pilia. Al momento un pool di esperti nominati dal tribunale sta accertando se esista un eventuale nesso tra il trattamento subito da Casu e la sua morte. «A che punto sono le indagini della magistratura?», chiede ancora il Comitato. E aggiunge: «Perché non sono stati presi dei provvedimenti nei confronti dei responsabili di quel trattamento, anche alla luce dell'esito dell'inchiesta interna della Asl?». Natasha è comunque fiduciosa. Apprezza l'esito coraggioso ma doveroso dell'inchiesta della Asl che aveva riconosciuto «non accettabile sotto il profilo clinico, oltre che etico», il provvedimento di contenzione. Ma il Comitato di persone che chiede verità sulla morte di Casu ritiene sia importante aprire un dibattito pubblico sulla necessità di superare il Tso. La vicenda di Giuseppe Casu impone un cambiamento radicale del servizio psichiatrico, improntato al rispetto della persona e non a pratiche di custodia e contenzione. «Perchè ciò che è accaduto a Giuseppe Casu non debba accadere mai più».