Quella mattina a scuola il prof. Sorino ci ricordò che il giorno seguente ci sarebbe stato il compito in classe di greco .
La preoccupazione serpeggiò nella prima F .
L' anno scolastico volgeva al termine quindi occorreva prepararsi con cura perché la traduzione sarebbe stata importante per la votazione di fine quadrimestre.
Tato ed io (il Collettivo Politico Non C'è Problema quasi al completo) ci accordammo per ripassare insieme qualcosa, ne avevamo entrambi bisogno, ma anche per andare a vedere cosa sarebbe successo a Piazza Navona .
Il partito Radicale aveva indetto un comizio per ricordare la vittoria del referendum sul divorzio, nonostante che per tutto il mese di Maggio il ministro dell'interno avesse vietato qualsiasi manifestazione.
Non c'erano indicazioni da parte del movimento, era una iniziativa che non ci apparteneva , in più il clima era molto pesante e non si voleva offrire occasioni per inutili repressioni o provocazioni.
Fu così che alle 3 del pomeriggio andai con il motorino a prendere Tato e ci dirigemmo verso il centro, arrivati a largo Argentina cominciammo a vedere un imponente schieramento di carabinieri.
Ne rimanemmo sorpresi , per una manifestazione dei radicali ci sembrava sproporzionato.
Arrivati al museo Barracco parcheggiai li davanti , c'era il sole , faceva caldo .
Piazza Navona era chiusa da uno sbarramento di celerini in assetto da battaglia che impediva a chiunque l' accesso . Si diceva che Pannella e la Aglietta e pochi altri radicali erano all' interno sorvegliati ed isolati a mimare il comizio annunciato.
In quello slargo c'era un po' di gente molto tranquilla che stava lì più per la bella giornata che per la manifestazione , facce di studenti , tutti sorridenti , clima di festa , risate.
Era evidente lo stridente contrasto con le file della celere con caschi, manganelli, armi e blindati .
Sembravano piuttosto nervosi , soprattutto perché sembrava che fossero impazienti di fare qualcosa.
Un panciuto con fascia tricolore (il questore ?) aveva urlato in un megafono di rimanere sul marciapiede e non sostare sulla strada.
Alcuni ragazzi ,a piccoli gruppi, attraversavano la strada per rallentare il traffico , ma senza mai bloccarlo.
Questo fu considerato tollerabile dal panciuto ,ora anche sudato, ma quando qualcuno cominciò a
canticchiare "LIBERTA' DI MANIFESTARE , SCERIFFO KOSSIGA TE NE DEVI ANDARE" e molte altre voci si unirono al coro con gioia , il panciuto , sempre più sudato , urlò di nuovo che era vietato fare slogan .
A tutti sembrò ridicolo ma molti si azzittirono , forse captando la tensione nell'aria , anche se ogni tanto qualche impudente ancora ritmava "LIBERTA' ecc. ecc. " .
Nel frattempo Tato ed io ci chiedevamo se tornare a casa a studiare per il compito dell' indomani.
Tato mi ricordava che il compito sarebbe stato difficile senza ripassare un po' e che questa situazione che si era creata non gli piaceva per niente : un centinaio fra studenti e simpatizzanti radicali di fronte a un muro di poliziotti molto nervosi in tenuta da battaglia .
Decidemmo di andare a casa sua per studiare insieme , il Greco era più importante del divorzio.
Ci trovavamo all' angolo di Corso Vittorio con Via dei Baullari , all'improvviso ci fu un movimento nelle file della celere , dal vicolo che porta a Piazza Navona uscì un reparto che si attestò sul marciapiede fronteggiando il centinaio scarso di inermi sorpresi da tanta esibizione di forza.
C'era qualcosa che non andava , che senso aveva un simile atteggiamento di fronte a una situazione di calma assoluta.
Il panciuto sudato con fascia ,improvvisamente severo, decise che non era tollerabile che echeggiassero ancora quelle brutte parole ma soprattutto il suo intuito gli faceva capire con certezza che i manifestanti pronunciavano "quel" nome con la K e le doppie S naziste.
Di colpo ordinò la carica , a freddo , durissima .
Partirono di corsa i manganellatori . Partirono raffiche di lacrimogeni ad altezza d'uomo.
Vidi una donna anziana sfiorata da un proiettile gassoso sparatole da pochi metri.
Vidi studenti picchiati con calci dei fucili.
Quelli che scappavano erano , per il fatto stesso di scappare , meritevoli di manganellate.
Rimasi immobile ma un simpatico celerino mi puntò il suo fucile di ordinanza con un lacrimogeno innestato strillando di andarmene via .
Temendo che aspettasse che mi voltassi per fuggire per colpirmi indietreggiai fino all'ingresso della
libreria Croce e mi rintanai all'interno.
Avevo perso di vista Tato , ma non ero preoccupato per lui, sapeva cosa farei in questi casi.
Un paio di commessi più giovani avevano abbassato le serrande sulla strada , dentro c'erano clienti impauriti , librai spaventati e alcuni rifugiati come me .
All'esterno la celere si era attestata sullo slargo conquistato e continuava a lanciare candelotti lacrimogeni in tutte le direzioni creando nubi di gas .
Non mi sentivo sicuro intrappolato lì dentro ,anche perché ,sbirciando dall'ingresso vedevo scene poco rassicuranti.
Il fitto lancio di gas si concentrò verso Campo dei Fiori dove evidentemente si erano radunati dei resistenti , che rispondevano con i sampietrini divelti dalla piazza e proiettili occasionali .
Le pietre spaventarono molto gli agenti , perché vidi più di uno di essi preda di una crisi isterica portato via a braccia dai colleghi ; dalla mia posizione ravvicinata non vedevo tracce di ferite o contusioni .
Il nervosismo delle forze dell'ordine era evidente .
Tornai all'interno e un commesso mi disse che c'era una uscita posteriore .
Gli altri intrappolati non avevano nessuna voglia di uscire .
Io volevo vedere se rintracciavo Tato , rendermi conto della situazione e trovare una via di fuga.
Mi raccomandai di riaprirmi la porticina perché sarei tornato a riferire ai prigionieri se era possibile
andare via .
Sgusciai fuori verso Campo dei Fiori .
Non avevo nulla per coprirmi la faccia , le forze dell'ordine hanno la pessima abitudine di schedare le persone , ma una nuvola di gas mi nascondeva a sufficienza .
Nella piazza c'erano poche persone non organizzate che tentavano di tenere a distanza la celere che lanciava gas ossessivamente verso i provocatori .
Non c'era altro per difendersi che i sampietrini e qualche bottiglia vuota .
Un rapido giro e vidi che Tato non c'era e neanche nessuno che conoscessi , del centinaio iniziale i rimasti erano meno della metà , gli altri si erano messi in salvo sperai .
Mi accostai a uno sparuto gruppetto di ragazze nascoste dietro la fontana e consigliai loro di mettersi in salvo rapidamente .
Intanto si sentiva distintamente , oltre i candelotti , il rumore di colpi di arma da fuoco.
Rientrai nella libreria , tutti volevano sapere che succedeva fuori , dopo un breve racconto torni a sbirciare dall'ingresso principale .
Avevo deciso di tornare a casa .
L'eccessiva nervosismo della polizia , quel continuo lancio di lacrimogeni e soprattutto i colpi di pistola mi suggerivano di defilarmi con molta prudenza.
Cercai di vedere che fine avesse fatto il motorino ma si trovava in piena zona di operazioni belliche della celere , decisi di lasciarlo lì e recuperarlo in un altro momento .
Sgattaiolai fuori di nuovo dal retro e mi diressi verso largo Argentina .
Non ero ancora al sicuro .
Un plotone di carabinieri era schierato a un angolo .
I più solerti di loro mi puntarono i loro fucili , gli gridai che dovevo andare a casa , che mi lasciassero passare .
Uno sbraitò di correre via subito , non me lo feci ripetere e fuggii riuscendo a evitare che il candelotto sparatomi da uno spiritoso mi prendesse nella schiena.
Arrivai a piazza Venezia da Botteghe Oscure superando un ultimo drappello di celere che , fortunatamente , si limitarono a lanciarmi sguardi minacciosi invece di lacrimogeni.
Da quel punto arrivare a casa fu semplice , a parte la scarpinata .
Chiamai Tato al telefono , ci raccontammo le rispettive vicende ,lui era fuggito senza danni ed aveva raggiunto casa senza problemi e decidemmo di studiare ognuno per conto proprio .
Mi misi sui libri e passai il resto del pomeriggio a ripassare il greco .
Non ricordo molto di quelle ore , probabilmente pensai anche a come recuperare il motorino .
Tornarono i miei genitori dal lavoro e ci mettemmo a tavola per la cena .
Al telegiornale parlarono di una ragazza uccisa da un colpo di arma da fuoco durante scontri di piazza al centro di Roma .
Una ragazza di 19 anni .
Non posso descrivere cosa provavo , non ci sono termini adatti , ma al dolore si aggiunse la rabbia nel sentire il ministro dell'interno dichiarare che nessun agente aveva usato armi da fuoco e negava la presenza di poliziotti in borghese "travestiti" da manifestanti .
Quando domandai se potevano accompagnarmi in macchina, a riprendere il motorino si preoccuparono molto .
Sapere che potevo trovarmi in situazioni pericolose li allarmava .
Autobus notturni non c'erano e soprattutto non era il caso per me di andare da quelle parti da solo .
Non furono entusiasti ma acconsentirono .
Durante il tragitto ci fu una discussione sull'opportunità di queste manifestazioni , cercavo di spiegare che nessuno cercava lo scontro ma spesso la polizia non ti lasciava scelta .
Naturalmente erano preoccupati per me .
Arrivammo a corso Vittorio dopo avere incrociato numerose colonne di veicoli di polizia e carabinieri che tornavano nelle rispettive caserme .
Mio padre parcheggiò nello slargo .
La tensione era ancora palpabile , solo da poco erano terminati gli scontri , nessuno in giro e l'odore di gas aleggiava nell'aria .
Al bordo della strada c'erano i contenitori vuoti dei candelotti , erano tantissimi , segno che ne erano stati sparati a centinaia.
I miei erano attoniti .
Il motorino era ancora lì anche se era finito per terra , lo slegai e seguendo l'auto dei miei , tornai a casa .
Il giorno dopo il compito in classe andò bene ma il mio pensiero era rivolto verso l'assassinio del giorno precedente .
Tutti i giornali avevano pubblicato le foto dei poliziotti in borghese con le armi in pugno e successivamente i telegiornali mostrarono le immagini di agenti in divisa che sparavano contro i manifestanti .
Poco tempo dopo si svolse la controinchiesta del movimento ed io volevo sentire le conclusioni . Una ragazza innocente uccisa da un colpo alla schiena e nessuno ammetteva di averle sparato .
Ci fu una piccola assemblea nella facoltà di lettere alla Sapienza dove , dopo avere identificato tutti i partecipanti , perchè non c'era simpatia per gli infiltrati o le spie , iniziò l'inchiesta .
Ascoltai vari testimoni che si erano trovati su ponte Garibaldi .
Da loro risultò che , dall'altra estremità del ponte cioè da dove era partito lo sparo erano presenti un reparto di carabinieri , un paio di vigili urbani motociclisti e alcuni funzionari in borghese.
Sentii il racconto di una amica di GIORGIANA che , tra le lacrime , raccontava che non si accorsero che fosse stata colpita al momento , disse che sembrava che fosse solo inciampata e l'avevano trascinata dietro l'angolo del ponte e solo lì al riparo si accorsero del sangue , poco , che perdeva dalla schiena e capirono .
Disse anche che erano un gruppo di ragazze che fuggivano di corsa verso piazza San Cosimato attraverso il ponte e per colpire Giorgiana nella schiena il proiettile proveniva dall'altro lato del ponte , era chiarissimo .
Le conclusioni furono due : dolore e indignazione .
La giustizia dello stato fece il suo corso normale : nessun agente aveva fatto uso di armi da fuoco e non si poteva stabilire da dove fosse partito il colpo , anzi forse erano stati i teppisti ad averla uccisa.
Giorgiana non ebbe giustizia ma non fu l'unica vittima , infatti i genitori , persa la loro unica figlia a 19 anni si spensero rapidamente consumati dal dolore .
Chi l'aveva uccisa ?
Ufficialmente nessuno .
Il ministro dell'interno affermò che tutte le armi in dotazione alle forze dell'ordine erano state controllate e che il proiettile non proveniva da nessuna di esse .
Dai rilievi effettuati e dall'autopsia era certo che era stata uccisa da un colpo di piccolo calibro e che le pistole d'ordinanza sono 9 lungo e i fucili 7,65 , non coincideva proprio .
Ho sempre disprezzato le armi , mezzo di oppressione dei vili , ma anche io ero in grado di capire l'incompatibilità tra i calibri , così non ci fu nessuna opportunità di identificare l'assassino .
Molti anni dopo durante il servizio di leva nell'esercito ci facevano allenare al tiro al bersaglio in un piccolo poligono di tiro all'interno della caserma .
Usavamo un fuciletto calibro 22 lo stesso che molti hanno visto negli stadi di calcio impugnato al contrario a mò di clava dai carabinieri per pestare i tifosi .
Tra i possibili assassini i vigili motociclisti non hanno fucili e neanche i funzionari in borghese, quindi per me a sparare poteva essere stati solo un carabiniere.
Chissà se il controllo sulle armi ,di cui parlava il ministro , fu fatto solo sulle pistole o anche sui quel tipo di fucili ?
Voi che ne pensate?
Ancora oggi sento parlare di "fuoco amico" e ne sono indignato .
Ancora oggi mi chiedo se fossi rimasto lì invece di andare a studiare greco forse avrei potuto fare qualcosa per impedire ,non so come, quella insensata esecuzione .
In tutti questi anni , sono tanti , non mi sono mai domandato se l'assassino si sia mai reso conto di quello che aveva fatto e se ne abbia sentito rimorso , se abbia provato qualcosa quando anche i genitori di Giorgiana morirono per il dolore .
Non me lo sono mai chiesto perché se durante tutto questo tempo il mandante è ancora libero di dire qualsiasi menzogna , anzi è stato premiato con altissime cariche di stato , senza che nessuno mai gli abbia detto di vergognarsi e di tacere è normale che l'esecutore sia convinto di avere fatto bene .
A.R. 17 9 2005