«A tanti anni di distanza da quei fatti, Francesco Cossiga ancora si rifiuta di raccontare quanto afferma di sapere sulla morte di Giorgiana Masi. A questo punto vorrei tanto sapere perché non parla, chi e cosa copre». A porsi la domanda è il segretario del partito radicale Rita Bernardini. Il 12 maggio del 1977, Giorgiana Masi venne assassinata proprio nel corso di una manifestazione indetta dai radicali per celebrare il terzo anniversario del referendum sul divorzio e lanciare, con lo slogan «Fermali con una firma», la campagna per otto nuovi referendum.
Bernardini, sono passati trent'anni esatti da quel giorno, e l'unica cosa che possiamo dire con certezza sull'omicidio di Giorgiana Masi è che anche quella morte si è trasformata nell'ennesimo mistero italiano. Quattro inchieste non hanno trovato neanche un colpevole.
Come radicali all'epoca tentammo di fare luce su quanto accadde il 12 maggio e sulle responsabilità della polizia. Perché è chiaro e documentato che in quel giorno le forze dell'ordine, sia in divisa che in borghese, avevano sparato, e avevano sparato ad altezza d'uomo. Ricordo un episodio clamoroso, quando il sottosegretario Lettieri, rispondendo a un'interrogazione parlamentare di radicali e gruppi della sinistra, disse testualmente: 'La polizia il 12 maggio a piazza Navona non ha sparato'. Facemmo un filmato in cui questa frase veniva ripetuta più volte mentre si vedeva il fuoco che usciva dalle pistole dei poliziotti in divisa e poi gli agenti in borghese vestiti da autonomi e con la pistola in mano.
In quel periodo il Viminale aveva vietato ogni manifestazione, voi però decideste di andare comunque a Piazza Navona
Ricordiamoci cosa accadeva in quegli anni: c'era il fenomeno del terrorismo, è vero, ma c'era anche una violenta reazione del governo, che arrivò al punto di vietare le manifestazioni, cosa evidentemente gravissima in una democrazia. Quel giorno avevamo indetto un'iniziativa per ricordare il terzo anniversario del referendum sul divorzio e avevamo convocato una manifestazione a Piazza Navona. Ci venne confermato il divieto da parte del Viminale. Noi che siamo non violenti e crediamo nella libertà di manifestare abbiamo deciso di farla lo stesso. E devo dire una cosa: in piazza con noi vennero anche gli autonomi e i gruppi più estremisti della sinistra, ma ci fu da parte di tutti un comportamento non violento, proprio per sottolineare che usavamo gli strumenti della democrazia, i referendum contro il regime. La polizia fermò molte persone, ma non ne trovò neanche una armata.
Il presidente Francesco Cossiga da tempo afferma di conoscere la verità sulla morte di Giorgiana Masi, ma non volerla rivelare.
Questa è una cosa incredibile. Chi è stato presidente della Repubblica e conosce la verità su uno dei fatti più oscuri del paese non può rifiutarsi di parlare. Ricordo che non si è mai voluta costituire una commissione d'inchiesta parlamentare sulla morte di Giorgiana e se Cossiga davvero sa qualcosa ed è in grado di provarla non è possibile che non parli. Cosa c'è sotto? Mi chiedo cosa e chi deve coprire.
Si parlò anche di possibili responsabilità di gruppi eversivi, sia di destra che di sinistra.
Probabilmente legati al potere di allora. Non dimentichiamo che quelli erano gli anni in cui Pannella diceva 'Pci, P2, P38...'. Tutto questo è sicuramente estraneo a quel movimento che aveva creduto di combattere il regime con le armi della democrazia e della nonviolenza. I referendum facevano molta paura, ricordiamoci che ce n'era uno contro il finanziamento pubblico dei partiti e un altro per l'abolizione del Concordato che tutti i sondaggi davano per vincente e che fu bocciato dalla Corte costituzionale.