Signor Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, prendo oggi la parola in quest'aula per ricordare quel che accadde a Firenze esattamente 20 anni fa: la strage di via dei Georgofili, dove morirono 5 persone ed altre 48 rimasero ferite. È una data che cade alla vigilia di un altro triste anniversario, quello della strage di Brescia del 28 maggio 1974, dove in piazza della Loggia i morti furono 8 ed i feriti 100, mentre appena pochi giorni fa abbiamo partecipato alle commemorazioni della strage di Capaci del 23 maggio 1992.
Sin dalla strage di Portella delle Ginestre del 1947, il mese di maggio ha contrassegnato iniziative eversive rivolte a spegnere ogni speranza che questo Paese fosse avviato verso una nuova primavera della democrazia. Lo fu negli anni '70 con la strage di Peteano del 31 maggio 1972, lo fu con la strage alla Questura di Milano del 17 maggio 1973 e lo fu ancora con la strage di Brescia del 28 maggio 1974.
Le sentenze emesse in questi anni ne hanno tutte ritenuto responsabili i neofascisti del gruppo ordinovista veneto, collegato agli apparati antinsorgenza, lo stesso gruppo individuato dai giudici come responsabile anche del confezionamento e del trasporto dell'ordigno di piazza Fontana a Milano e di piazza della Loggia a Brescia. E tutte le sentenze hanno sempre individuato il coinvolgimento, costante nel tempo, di apparati dello Stato in protezioni e depistaggi.
La burocratica ricorrenza primaverile degli attentati di maggio - quasi un vezzo degli apparati antinsorgenza, lasciati liberi di operare in questo Paese - è sempre stata utilizzata per lanciare messaggi intimidatori contro il sistema politico che allora governava, al fine di impedirne lo sbocco verso nuove aperture democratiche. E tale e rimasta anche la finalità delle stragi commesse sempre nel mese di maggio alla distanza di quasi un ventennio - questa volta con l'obiettivo di imporre una resa allo Stato - quando presero il sopravvento le sordide compagnie mafiose, che gli apparati antinsorgenza avevano imprudentemente frequentato.
Il 23 maggio 1992 vi fu l'attentato di Capaci, ove persero la vita il giudice Falcone e la sua scorta, e dopo un anno, il 27 maggio 1993, vi fu la strage dei Georgofili. Gli ergastoli attribuiti a Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro non possono bastare perché occorre estirpare il potenziale di ricatto che quelle stragi riescono ancora oggi ad esprimere.
Anche per la strage di Capaci è stato accertato che non mancò la mano di persone vicine ad Ordine Nuovo che provvidero al confezionamento dell'ordigno esplosivo per conto della mafia, che in sintonia con i neofascisti in Sicilia svolse sempre un ruolo politico servente per impedire l'affermazione della democrazia. La lunga storia dello stragismo italiano di quegli anni ricostruita nelle inchieste giudiziarie ha evidenziato una commistione tra metastasi cancerose formatesi all'interno degli apparati dello Stato, gruppi mafiosi e delinquenza organizzata, sulla quale occorre fare una volta per tutte chiarezza.
Troppe trascuratezze, troppe risposte elusive, troppe connivenze si sono accumulate nel corso degli anni. Una democrazia matura non può accontentarsi di mettere la parola fine a quella stagione scrivendo su una lapide che si tratta di una "verità indicibile". Ha bisogno di capire e di liberare una volta per tutte le istituzioni da persone legate a quella stagione.
Alcune decisioni giudiziarie devono ancora essere pronunziate in merito a queste ed altre stragi. Confidiamo che la magistratura, come in tante altre occasioni, riesca a fare chiarezza dimostrando il suo ruolo di baluardo non solo della legalità, ma anche dello stesso sistema democratico, nella consapevolezza che la prospettiva dell'accertamento della verità è l'unico fattore realmente dissuasivo affinché tragedie analoghe non si ripetano.
Confidiamo che le amministrazioni all'ombra delle quali eventualmente ancora allignano strutture clandestine che hanno applicato o addestrato alle tecniche terroristiche e della guerra psicologica, a più sofisticate sue forme che ne rappresentino l'evoluzione, si attivino per denunziarne l'esistenza e per farne cessare l'operatività.
A Firenze, nel corso della preparazione per le celebrazioni per questo triste anniversario, l'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili ha scritto ai sindaci delle quattro città colpite dalle stragi del 1992 e del 1993: Palermo, Roma, Firenze, Milano.
La spinta politica dovrebbe infatti servire a richiedere a gran voce un processo penale per raggiungere quanti nel 1993, collusi con la mafia a livello politico, hanno portato la stessa mafia corleonese in guerra contro lo Stato; ma anche per scoprire tutti coloro che hanno cercato con ridicoli "non so, non ricordo, non toccava a me occuparmene", per vent'anni, di nascondere a tutti i livelli di quella trattativa Stato-mafia che è stata tutto fuorché presunta, e che ha salvato probabilmente la vita di qualche politico in cambio del sacrificio di troppe vite fra i comuni cittadini.