Nei giorni scorsi, dopo le dichiarazioni rese in queste ore da Massimo Ciancimino (il figlio di Vito, ex sindaco di Palermo, condannato per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa) e dopo le pagine di verbale rilasciate da Spatuzza ai magistrati delle procure siciliane che impongono una revisione dei processi sulla strage di Via D'Amelio, l'attenzione della magistratura si è incentrata sulla presunta trattativa che pare essere intercorsa tra gli uomini del Ros a nome delle Istituzioni e la malavita organizzata per trovare un accordo che mettesse fine alle bombe. Per conoscere gli sviluppi su questo spinoso tema, l'ufficio di Presidenza dell'antimafia ha deliberato l'apertura di un'inchiesta parlamentare sulle stragi del 1992-1993 che insanguinarono prima la Sicilia e poi l'Italia intera. Contro l'apertura di questa Commissione d'inchiesta si scaglia l'Associazione Vittime di Via dei Georgofili, che ritiene oltre che inutile anche dannosa l'acquisizione dei documenti in mano ai magistrati da parte dei politici.
Signora Chelli, lei è la rappresentante dell'Associazione dei Georgofili, può spiegarci perché ritenete dannosa per la ricerca della verità l'apertura di una Commissione d'inchiesta parlamentare sulle stragi del '92/'93?
Perché basta guardarsi indietro per comprendere che le Commissioni parlamentari del passato, in special modo quelle sulle stragi, non hanno mai prodotto nulla di meritevole. Cosa sappiamo oggi ad esempio sui nomi dei mandanti delle stragi degli anni di piombo esempio? Per non parlare delle Commissione sul caso Ilaria Alpi, quella sulla P2.
La vostra opinione si basa quindi su una totale mancanza di fiducia, è così?
Sì, perché non crediamo assolutamente che ci sia un solo politico spinto da sincero spirito di conoscenza su quanto accadde in quel biennio di bombe. Sono passati quasi vent'anni da Via dei Georgofili, come da Capaci e Via D'Amelio; dove erano tutti quei politici che adesso alzano la mano per far parte di questa Commissione quando noi chiedevamo giustizia e verità subito?
Cosa propone quindi la vostra Associazione in alternativa?
Quello che abbiamo sempre proposto: che i politici che sanno, perché in molti sanno, depongano in un'aula di tribunale. Perché con una Commissione d'inchiesta l'unico atto conoscitivo che faranno sarà soltanto quello di impossessarsi dei documenti che adesso sono in mano alla magistratura e trovare conseguentemente il modo migliore per affossare la verità sulla trattativa intercorsa tra lo Stato e la mafia.
Lei ritiene plausibile l'esistenza di una trattativa tra Istituzioni e malavita organizzata?
Certo che lo ritengo plausibile, anzi la considero già una verità assodata. Basta chiedersi perché solo adesso, dopo che Massimo Ciancimino, pur se a mezza bocca, qualcosa dice, Spatuzza fornisce elementi nuovi e Riina, per la prima volta, rimanda al mittente le accuse per le stragi del '93, la politica viene pervasa da una volontà di conoscenza senza precendenti su quegli eventi.
E perché Signora Chelli?
Perché qualcosa sta scricchiolando, perché quel famoso "papello" fu consegnato a diversi politici, qualcuno dice trentanove, anche se questi non hanno mai parlato. Perché forse per la prima volta rischia di venire fuori la cruda realtà: che questo Paese in verità è sotto ricatto da più di quindici anni e su quel ricatto si basa l'assetto portante di questa nostra Seconda Repubblica.
Sta dicendo, quindi, che una Commissione d'inchiesta invece che chiarire le responsabilità le coprirebbe?
Proprio così, se realmente la politica adesso ha un interesse reale di giungere alla verità invece che impossessarsi dei verbali e dei documenti in mano alle Procure, si adoperi per favorire un pieno dispiegamento di tutte le potenzialità che la magistratura ha. Da anni chiediamo, e lo chiedeva a gran voce il giudice Chelazzi (che si occupò del processo per la strage dei Georgofili, n.d.a) che la politica e le istituzioni salvaguardino dall'alto il lavoro dei procuratori. Adesso, invece, con una Commissione il rischio concreto è una sostituzione dell'operato della magistratura con l'operato della politica. Ma se ci fu una trattativa tra lo Stato e la mafia, che coinvolse quindi uomini politici, e se come adesso alcuni indizi fanno ritenere che la mafia non fu sola nell'attuazione delle stragi, ma che servizi segreti e compagini istituzionali avevano interessi convergenti con l'effetto di quell'esplosivo, è naturale che la politica tenterà di coprire quanto accadde nel '92/'93. Poiché il contrario significherebbe un'auto-ammissione con tutte le conseguenze del caso.