16 anni fa, il 27 maggio del 1993, 250 Kg di esplosivo squassavano il centro storico di Firenze. Da quel giorno ad oggi molte domande non hanno ancora trovato risposta, molti interrogativi non hanno ancora dipanato le inquietudini.
Il lungo iter processuale ha concluso i suoi lavori condannando gli esecutori materiali, ma lasciando ancora senza volto i mandanti. La strage di Via dei Georgofili, però, non distrusse soltanto gran parte del patrimonio artistico monumentale della città, tolse la vita anche a 5 persone e ne ferì diverse decine. Quando si parla di stragi, spesso, i morti vengono soltanto citati numericamente, lasciando spazio al dibattito storico e politico che avvolge questi atti delittuosi.
L'"Associazione vittime di Via dei Georgofili", è nata proprio per impedire che l'oblio cada sulle vicende personali dei familiari e delle vittime stesse, che sono i primi a portare su di loro i segni tangibili di tanto orrore e di tanta violenza. Lo Stato ha il compito di risarcire queste persone, la Signora Maria Giovanna Chelli, vicepresidente dell'Associazione, ritiene che ci sia ancora molto da fare per ottenere piena giustizia.
Signora Chelli, a sedici anni di distanza, può dirci dal punto di vista dell'Associazione che lei rappresenta, quale verità è emersa dai processi?
La verità su Cosa Nostra, organizzazione stragista ed eversiva, che fattasi soggetto politico ha mirato a sovvertire l'ordine costituzionale dello Stato. Cosa Nostra voleva leggi a lei consone per i propri interessi, e non ha badato a "spese" come si suol dire. Troppe coincidenze, però, fanno pensare che la mafia non fosse sola a Firenze quel 27 di maggio, ci sono anche dati nel processo per la strage, certo tutti eventualmente da dibattere... e non è facile.
Perché, secondo lei, risalire ai cosiddetti "mandanti occulti ed esterni" è così difficile?
Semplicemente perché come spesso ci ha detto la Magistratura oggi non basta solo avere le prove, senza che queste siano però inconfutabili. Senza prove certe è difficile andare a dibattimento ed essere sicuri che l'accusa vincerà il processo. Certo, le norme che, di governo in governo sono state varate in questi 16 anni, hanno favorito uno stato delle cose così tragico.
Lei ritiene, quindi, che la strage di Firenze sia da inscriversi in una strategia più complessa dove la mano della mafia è solo una componente?
La mafia non prende ordini da nessuno, lo sosteneva il giudice Gabriele Chelazzi, che ha svolto le indagini sui Georgofili e noi non ci stancheremo mai di ripeterlo. Noi come Associazione siamo convinti che gli interessi della mafia quella notte del 27 maggio fossero anche gli interessi di altri. Alcuni hanno proprio responsabilità dirette nella strage, altri sono stati alla finestra a guardare mentre i nostri parenti morivano, e per questo non sono meno colpevoli.
Quali sono gli ostacoli da superare per arrivare ad una verità completa su quel biennio di bombe?
Le norme, quelle norme costruite ad arte anche bipartisan, postille infilate in leggi che hanno aiutato la mafia per tutto ciò che voleva ottenere con quelle bombe, e contemporaneamente hanno spuntato le "armi democratiche" in possesso alla magistratura. Come sosteneva Chelazzi, l'autorizzazione a giungere ad una piena verità deve provenire anche dall'alto, la magistratura da sola non può fare tutto, ma finora, secondo noi, sono arrivati solo dei no... Il silenzio che avvolge, anche nei media, quelle stragi è emblematico, si vuole fare opera forzata di oblio.
L'Associazione che lei rappresenta cosa si propone, cosa ha ottenuto, e cosa invece ancora chiede?
Sono la Portavoce e la Vice Presidente dell'Associazione, ci proponiamo di non mollare mai, e di portare avanti le battaglie in cui crediamo. Chelazzi disse: «non potrò darvi il tetto della casa che stiamo costruendo, ma solide mura su cui poi costruire il tetto sì». È morto prima e non ha fatto in tempo a costruirle, noi andiamo avanti per ottenere quelle mura. Però, certe realtà stridono fortemente: Matteo Messina Denaro è ancora in libertà e i nostri parenti vivono in difficoltà inenarrabili. I risarcimenti che spettano alle vittime arrivano a rate, ma le ferite incurabili le hanno e le abbiamo avute tutte insieme con quella strage. La legge Pio La Torre è ampiamente sbandierata quando si parla di beni confiscati alla mafia e ceduti al sociale, e ci sta bene, ma andrebbe anche sbandierata anche là dove dice: «vanno venduti i beni della mafia quando bisogna risarcire le vittime». E invece non lo dicono, nascondendosi dietro al dito che altrimenti i beni poi se li ricompra la mafia. Ma che antimafia si farà mai se non si riesce ad impedire che la malavita organizzata si ricompri i beni che gli sono stati confiscati! Se è così, vuol dire che allora tutto è divenuto mafia.