«La contenzione fu ingiustificata», il maestro anarchico «era tranquillo». Reagì per la paura La disperazione È la contenzione a causare la morte. Le prime immagini «mostrano un uomo assolutamente tranquillo, intento a mangiare - da solo - un panino, e successivamente a riposare. Nulla di più incompatibile con il fantomatico stato di
Centottantatre pagine di argomentazioni serrate, che sferzano duramente i comportamenti dei sanitari e affrontano con chiarezza esemplare molti punti della tragica morte di Francesco Mastrogiovanni, il maestro anarchico morto quattro anni fa su un letto di contenzione dell'ospedale di Vallo della Lucania. Sono le motivazioni della sentenza - scritta dalla presidente del Tribunale Elisabetta Garzo - con la quale il 29 ottobre scorso sono stati condannati sei medici del reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca e assolti 12 infermieri.
Il maestro elementare anarchico, trascinato con la forza in ospedale in seguito ad un Tso del tutto illegittimo, su ordine del dottor Rocco Barone viene legato ai polsi e alle caviglie, per essere sciolto solo sei ore dopo la morte. La disumana contenzione, mai annotata, gli causa ferite profonde fino a due cm. Trascorre così, implorando aiuto ed umanità, tra l'indifferenza dei medici e degli infermieri, 83 interminabili ore senza cibo né acqua. Finché una notte non arriva, pietosa, arriva «sorella» morte a porre fine alle terribili e inaudite sofferenze. Mastrogiovanni spira legato e in solitudine, impedito nei movimenti, lontano dalla famiglia, dagli amici e dai compagni.
La dottoressa Angela Anna Ruberto ha sostenuto che un'ora dopo «era tranquillo a letto, non aveva una reazione alla contenzione», ma «russava e respirava regolarmente». Questa «cura» particolare riservata a Mastrogiovanni non è accaduta nel Medioevo, né in una caverna della preistoria, ma nell'anno del signore 2009 in un ospedale pubblico, «luogo nel quale, più d'ogni altro - sottolinea il giudice - dovrebbe essere garantito il diritto alla salute». Invece l'«abitudine sconsiderata» della contenzione, che il giudice qualifica «illecita, impropria e antigiuridica», è pratica quotidiana, come risulta dalle testimonianze e addirittura dagli stessi medici, ammessa finanche dal direttore sanitario, dottor Pantaleo Palladino (che nel frattempo è rimasto al suo posto), destinatario di un passaggio della sentenze: «Un'equazione assolutamente surreale, destituita di qualsiasi fondamento sia sul piano medico-scientifico che su quello giuridico, in quanto l'attuazione del Tso in nessun modo autorizza automaticamente l'attuazione di pratiche di coercizione quali appunto la contenzione meccanica». Nessuna norma - sentenzia il giudice - consiglia o prescrive la contenzione e il Tso non comporta assolutamente la perdita dei diritti e della dignità del paziente. Il giudice ribadisce: il provvedimento del Tso «non è fonte di diritti in capo al medico, è semmai impositivo di doveri» e il medico è sempre vincolato al rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.
Il video
Tutta la contenzione di Mastrogiovanni è stata ripresa da un video agghiacciante, che documenta minuto per minuto l'interminabile e terribile tortura subita. Un video che non hanno fatto in tempo a distruggere e li ha inchiodati alle loro responsabilità. Nella storia giudiziaria dell'Italia è il primo caso che viene sorretto da una straordinaria e inoppugnabile documentazione filmata. Le immagini crude e veritiere costituiscono il «compendio accusatorio più significativo», evidenziano che «fu contenuto per tutto il periodo del suo ricovero senza manifestare alcun sintomo di violenza né verso sé stesso, né nei confronti dei sanitari e degli altri ammalati, né di aggressività verbale; inoltre rimase senza mangiare e bere e non fu mai liberato dalle fascette impiegate», tranne una sola volta per pochissimi minuti.
Il giudice spesso ritorna sulla assoluta e documentata tranquillità del paziente, invece descritto dai suoi torturatori come persona aggressiva e violenta. Il dottor Raffaele Basso ha riferito di aver ordinato la contenzione per il prelievo delle urine richiesto dai carabinieri di Pollica al fine di verificare se avesse guidato sotto l'effetto di sostanze stupefacenti: «Ciò in quanto il paziente si dimenava, così mostrando il suo dissenso all'espletamento dell'indagine clinica da effettuarsi mediante l'applicazione di un catetere urinario, richiesta dalle forze dell'ordine e, quindi, al di là di qualsiasi contesto terapeutico». Il risultato è negativo. Il giudice paragona «il sacrificio della libertà personale» e l'esigenza investigativa, rilevando «come una simile esigenza non trovi alcuna tutela da parte dell'ordinamento, anzi il prelievo passa sempre attraverso il consenso del soggetto sottoposto», tanto che la normativa per gli alcool-test prevede che «il soggetto attenzionato può sottrarsi all'esame, e a fronte di un simile rifiuto il legislatore, invece di consentire alle forze di polizia di procedere coattivamente, prevede una specifica ipotesi di reato», facendo presente che quel risultato «si sarebbe potuto ottenere in migliaia di altri modi», senza passare per il letto di contenzione. Ma, «volendo anche ammettere che il sanitario, in quello specifico frangente, per la concitazione, versasse in errore incolpevole sull'elemento in esame, l'assunto difensivo sembra arrestarsi bruscamente innanzi al requisito dell'attualità del pericolo». Se è vero che Mastrogiovanni aveva opposto un rifiuto, «la necessità della contenzione non sarebbe dovuta durare che pochi istanti - appunto quelli necessari per approntare siringhe e provette». Invece va avanti per 83 ore e nessuno la annota sulla cartella clinica. Anzi il dottore Barone dice: «Lasciatelo così!».
La disperazione
È la contenzione a causare la morte. Le prime immagini «mostrano un uomo assolutamente tranquillo, intento a mangiare - da solo - un panino, e successivamente a riposare. Nulla di più incompatibile con il fantomatico stato di agitazione o la possibilità di recare danno a terzi. Al contrario, le immagini certificano che fu proprio la contenzione a far nascere e crescere in Mastrogiovanni il senso di disperazione e paura che lo portarono a più riprese a tentare di liberarsi dalle cinghie con cui era bloccato». Il maestro di Castelnuovo Cilento implora invano l'intervento del primario, dottor Michele Di Genio: «Si rivolge a lui in uno degli ultimi disperati tentativi di sfuggire alla barbarie» e si agita per sfuggire a quella che il giudice senza mezzi termini definisce «barbarie». Ma il medico, pur vedendo de visu le sofferenze e il malessere, «nella piena consapevolezza che quanto sta osservando si fonda su un illecito, non fa nulla e permette che Mastrogiovanni rimanga nelle disumane condizioni in cui poi verrà trovato morto».
La giudice insiste sul fatto che il medico non solo è tenuto «a ricercare e a ricevere» il consenso, ma deve agire «sempre nel rispetto della dignità umana e della finalità terapeutica che l'arte medica persegue»: «Il paziente in Tso non diviene una res di cui il sanitario può disporre (non è, per l'appunto, oggetto di un diritto del medico), non subisce la sospensione dei diritti più intimi, connessi al suo permanere essere umano; né cessa di apparire destinatario di cure agli occhi degli esercenti la professione sanitaria». E il consenso di Mastrogiovanni non c'è mai stato.
Familiari non avvisati
Di fronte al fatto che i familiari non solo non vengono avvisati, ma non gli è neanche permesso di visitare il congiunto, il giudice sottolinea: «Devono essere invece coinvolti nel processo decisionale, anche in considerazione del fatto che viene disposto un intervento sanitario non assistito da un valido consenso del paziente, perché incapace, per la situazione in cui versa, di prestarlo». La nipote non è neanche messa a conoscenza della contenzione. Aggiungiamo che nessun medico o dirigente dell'Asl ha mai telefonato alla famiglia per avvertirla della morte, e le scuse e le condoglianze più volte annunziate - anche all'indomani della sentenza - non sono mai arrivate.
Mastrogiovanni è stato accusato di essere violento, ma «nessun comportamento aggressivo trova riscontro nelle immagini del filmato» e «non si comprende - né gli imputati lo hanno spiegato - perché tale misura si sia protratta per tutta la durata della degenza sino al tragico epilogo della sua morte». La contenzione - come mostra il video - non gli consente «alcun autonomo movimento, come piegare le gambe o sedersi sul letto, e mai fu scontenuto per essere sottoposto a toletta personale, anzi per tutta la durata del ricovero l'unica pulizia che gli fu praticata fu quella di cambiargli il pannolone». Nessuno dei dottori «si è mai interrogato sul perché il Mastrogiovanni fosse sottoposto a una contenzione così invasiva, né si è chiesto come mai della stessa non vi fosse traccia nella cartella clinica». Pertanto essa è stata «assolutamente ingiustificata e irrispettosa».
I medici sono stati condannati a pene variabili tra i 2 e i 4 anni. Gli infermieri invece assolti, poiché erano all'oscuro dell'illegittimità della contenzione, né potevano prendere l'iniziativa di scontenere il paziente, tenuto conto della totale impreparazione scientifica, non avendo mai seguito corsi di aggiornamento. Rimane il fatto che per quattro giorni hanno visto un uomo soffrire e implorare aiuto e sono rimasti indifferenti, non hanno fatto nulla per alleviare le sue sofferenze, anzi qualcuno è arrivato - come documenta il video - a buttargli un asciugamano in faccia e qualcun altro gli ha portato il vassoio con il cibo per poi riprenderlo tranquillamente senza che il paziente - legato mani e piedi - ne avesse potuto prendere una minima parte.