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Per il pm è la vittima a essere pericolosa
Giuseppe Galzerano
Fonte: Il Manifesto, 3 ottobre 2012
3 ottobre 2012

Al dibattimento per la morte del maestro anarchico, l'accusa ricorda le proteste contro il governo di Mastrogiovanni

Nel pomeriggio di ieri, puntuale come sempre, è ripreso, dopo la pausa estiva, il processo contro i 6 medici e i 12 infermieri del reparto di psichiatria responsabili della contenzione per 90 interminabili ore e della conseguente morte del maestro anarchico Francesco Mastrogiovanni, avvenuta nella notte tra il 3-4 agosto 2009. L'aula del tribunale era strapiena. Mancano i medici accusati, tranne il dottor Michele Della Pepa, assenti anche 4 infermieri. All'inizio si sparge la voce che l'avvocato Michele Capano, del Movimento per la Giustizia Robin Hood, intenda ricusare il pm Renato Martuscelli, che in un processo del 1999 fece condannare Mastrogiovanni per divieto di sosta a tre anni di reclusione, poi assolto e risarcito dalla Corte d'Appello di Salerno. Alle 14,40 il pm prende la parola per la requisitoria. Dichiara subito di non gradire la stampa: «Siamo all'epilogo - esordisce - malgrado il clamore e la cappa mediatica». Spiega di voler accertare la verità sottoponendosi alla legge. Parla della «morte tragica di un insegnante» e di «una vicenda complessa che sfocia in una morte eclatante» e anticipa di aver diviso la sua arringa in 6 punti. Pone subito sul banco degli imputati non gli accusati, ma il morto, ovvero la vittima, dilungandosi a leggere la relazione del tenente dei vigili di Pollica e quella dei carabinieri di Pollica, nelle quali Mastrogiovanni viene descritto come un violento, un volgare solo perché gridava e protestava e quando legge la parola anarchico la pronunzia con scandalo. Sottolinea che Mastrogiovanni intonava canti contro il governo. Dimentica che è stato catturato in maniera irregolare con un'ordinanza emessa prima dell'arrivo dei sanitari e in un comune diverso da quello del sindaco che richiede il Tso. Anzi Licia Musto, interrogata come testimone, sulla cattura disse che «il fatto è irrilevante », mentre oggi è diventato centrale nell'arringa. Ricorda che il paziente conserva tutti i suoi diritti, cita un regio decreto del 1909 che vieta la contenzione. Propende per l'infarto e dopo 2 ore e 15 chiede una condanna inadeguata: per il primario Michele Di Genio un anno e quattro mesi per falso in cartella e un anno e due mesi per tutti gli altri medici. Per omicidio colposo 3 anni per il primario e due anni e 7 mesi per la dottoressa Ruberto, in servizio la notte della morte di Mastrogiovanni. Solo per 7 infermieri due anni. L'udienza prosegue il prossimo 16 ottobre.