Quella di Francesco Mastrogiovanni, per le forze dell'ordine "noto anarchico", per i suoi alunni "il maestro più alto del mondo", è una storia di ordinaria persecuzione e di quotidiana repressione.
Così abbiamo scritto su Liberazione del 20 settembre 2009. Oggi, purtroppo, la conferma che la morte per edema polmonare del maestro elementare di Castelnuovo Cilento durante Trattamento Sanitario Obbligatorio nel reparto di psichiatria dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania non è stata pura fatalità arriva dal Giudice per le indagini preliminari Nicola Marrone. Ben 14 dei 19 indagati per la morte di Francesco Mastrogiovanni, tutti medici o infermieri dell'ospedale di Vallo fra i quali il Primario del reparto di Psichiatria, sono stati infatti interdetti dall'esercizio della propria attività per due mesi. Sfogliando le diciassette pagine dell'ordinanza di applicazione di misura interdittiva (ex art. 289 c.p.p.) ciò che ne emerge è il racconto di una vera e propria tortura alla quale Francesco è stato sottoposto. Fermato dopo un'assurda caccia all'uomo sulla spiaggia di San Mauro Cilento, il 31 luglio viene portato all'ospedale San Luca per essere sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio. Entrato nel reparto di psichiatria alle ore 13, sarà ritrovato morto alle ore 7.20 del 4 agosto, come riportato nella cartella clinica. Già analizzando le carte della perizia medica effettuata dal dott. Adamo Maiese, redatta analizzando i nastri delle telecamere interne del reparto e in base all'esame autoptico, emerge come Mastrogiovanni fosse stato sottoposto a contenzione, senza essere alimentato né idratato. Di tutto questo, però, nella cartella clinica nessuna traccia. Ma l'elemento più sconvolgente di quella perizia (come riportato in un articolo del 28 novembre scorso) riguarda l'ora del decesso, che non sarebbe avvenuta alle 7.20 del 4 agosto, come riportato nella cartella clinica, quando un infermiere afferma di aver richiesto l'intervento di un rianimatore, ma cinque ore prima, alle 1.46. Nell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari vengono ricostruite, minuto per minuto, quelle maledette novanta ore all'interno del reparto psichiatrico di quello che parenti, amici e avvocati di Francesco definiscono «un vero e proprio lager»: gli indagati dovranno rispondere di falso in atto pubblico (ex art.479 c.p.) in concorso tra loro (ex art. 110 c.p.) perché «formavano una falsa cartella clinica riguardante il ricovero per trattamento sanitario obbligatorio». Da nessuna parte, infatti, medici e infermieri hanno riportato che Mastrogiovanni sia stato legato al letto con fasce di contenzione ai piedi e alle mani per tutta la durata del ricovero. Oltre a questi reati, medici e infermieri dovranno rispondere di sequestro di persona per aver privato Mastrogiovanni della libertà personale, «disponendo che egli venisse legato al letto di degenza senza alcuna interruzione e senza che venisse mai slegato per più di tre giorni, senza effettuare alcuna visita di controllo sulle ferite che egli aveva riportato agli arti a causa della contenzione». Il tutto, conferma il Gip, senza che Mastrogiovanni fosse nutrito e dissetato se non con delle flebo. Novanta ore legato, quindi. Novanta ore a digiuno e senza poter bere. Il tutto, come riportato al punto c dell'ordinanza, senza sorveglianza né assistenza. «Ma a rendere ancor più spaventoso il quadro che emerge dagli interrogatori condotti dal Gip e dall'ordinanza che ne è scaturita, è come le torture subite da Mastrogiovanni siano, in realtà, normale prassi all'interno dell'ospedale San Luca» spiegaVincenzo, cognato di Francesco e portavoce del Comitato giustizia e verità per Franco: anche il compagno di stanza di Mastrogiovanni, G.M., è stato tenuto legato al proprio letto per ventuno ore, dalle 11.50 del 2 agosto alle 9,12 del 3 agosto, senza che di questa misura ci sia traccia nella cartella clinica. Ma i particolari raccapriccianti della contenzione subita da G.M. riportati nell'ordinanza non si fermano alla contenzione: a differenza di Mastrogiovanni, G.M. «fortunosamente nel corso della notte riusciva a bere dell'acqua da una bottiglia appoggiata su un tavolino, prima avvicinando il tavolino con un piede, poi facendo cadere la bottiglia e, in seguito, addentandola con la bocca e riuscendo in tal modo a bere qualche sorso d'acqua». Come per Mastrogiovanni, anche per G.M. primario, medici e infermieri del San Luca dovranno rispondere di sequestro di persona e falso in atti pubblici. «Quanto accaduto al compagno di stanza di Francesco dimostra come legare e non nutrire o abbeverare un "paziente" per ore, giorni, sia normalità all'interno di quel lager chiamato ospedale San Luca» denuncia l'avvocato Caterina Mastrogiovanni. La triste storia di questo maestro elementare è la prova, come ci ha scritto in una dura mail il professore - editore anarchico, Giuseppe Galzerano, fraterno amico di Franco, che «il Medio Evo non è, come sappiamo dalla storia, tramontato da molti secoli ma vive nell'ospedale di Vallo della Lucania, in pieno XXI secolo».