Il libro Fausto e Iaio - Trent'anni dopo (Costa & Nolan, pp.240, euro 15), appena uscito, contiene una ricostruzione dell'omicidio e delle indagini avvincente e carica di suspence, ma soprattutto una grande raccolta di testimonianze e ricordi che ci immergono e ci interrogano sulle speranze e le delusioni lasciate dal movimento di quegli anni.
Decine di persone hanno scritto per questo libro collettivo. E' come lo sviluppo, più ricco e meditato, degli scritti più elementari - molti di adolescenti - che avevamo raccolto nel '78, poche settimane dopo il 18 marzo, quella sera in cui i due ragazzi frequentatori del Centro Sociale Leoncavallo a Milano erano stati uccisi a freddo, per strada, da un commando composto molto probabilmente da ultra-fascisti romani, e nel clima di tensione determinato dal rapimento Moro.
Come amico di Fausto e Iaio e come giornalista di Radio Popolare mi ero appassionato alle numerose espressioni di lutto, quasi di religiosità laica, seguite all'agguato. Forse mi ci ero aggrappato perché avevo paura dell'altro terreno, quello più strettamente politico dominato dal problema di sfuggire alla spirale della violenza, in un'Italia incupita dal sequestro di Aldo Moro. O forse tentare di improvvisarmi sociologo e antropologo era un modo per gestire ed elaborare il mio, di lutto, era la prima volta che perdevo persone più giovani a cui ero affezionato, e che incontravo frequentemente. Fausto che frequentava l'Artistico e leggeva Baudelaire, Iaio che girava con la bombetta, iniziava a fare l'artigiano, leggeva Kerouac. Insieme ai cortei, insieme a trovarci alle notturne a Radio Popolare. Ho ritrovato il paginone sulla "lotta contro la morte" che avevo curato per il quotidiano Lotta Continua: testo di 25 enne emozionato, ma in parte lo sottoscriverei ancora.
Eccolo.
Accantoniamo per un attimo la storia e la dimensione più politiche di queste giornate. Guardiamo al fatto che, nel percorso tra l'assassinio di Fausto e Iaio e i funerali, decine di migliaia di giovani, di proletari, hanno espresso un livello altissimo di "lotta contro la morte". Il salto di qualità non è spiegabile con la particolare violenza di queste morti, ancora più tragica e arbitraria di quelle dell'aprile 75. Il salto di qualità sta nella gente, cioè sta soprattutto nei bisogni e nei contenuti maturati in questi due anni, rivelati dal movimento del 77, ma presenti non solo tra i giovani. Sono forse vere e proprie trasformazioni umane. Queste giornate del marzo 78 a Milano dimostrano che il rapporto diverso e le contraddizioni nuove con il lavoro, con la politica, con il sesso sono anche necessariamente un rapporto diverso e più "avanzato" con la morte e quindi con la vita. Certo sono state giornate di fortissimo dolore: per le ragazze e gli amici di Fausto e Iaio e poi, come in cerchi concentrici, per gli amici degli amici, per i simili, fino ai meno simili, fino ai proletari più lontani dai due morti. Adesso possiamo vedere quelle giornate non come i giorni del dolore, della rabbia, del lutto in sé, o dell'angoscia in sé, ma come i giorni della affermazione, della espressione aperta di quei sentimenti. Quegli stessi cerchi concentrici sono stati il tramite di questa comunicazione dei sentimenti: anche quando più nettamente veniva comunicata la tragicità della morte, di fatto, per il fatto stesso di comunicarla, si propagandava la ribellione contro la tragicità della morte.
La scrittura di poesie e lettere è uno dei segni più evidenti di questo processo. Già per Giorgiana Masi (Roma 1977) c'erano state molte poesie, ma mai come questa volta - e nella metropoli fredda e capitalistica del Nord - tante persone, tanti giovani si sono improvvisati poeti e hanno voluto comunicare agli altri i propri scritti, lasciandoli in via Mancinelli o al Centro Sociale.
Una ragazza ha lasciato scritto in via Mancinelli: "Controinformazione vuol anche dire comunicare alla gente la nostra voglia di lottare,di vivere, la nostra fiducia nella possibilità di una vita diversa."
Aggiungiamo: comunicare alla gente che siamo addolorati, che siamo in lotta contro la morte, e quindi che sappiamo reagire ad essa e forse possiamo alleviarla . (da Lotta Continua 28 marzo 1978)
L'idea che fossimo in lotta non semplicemente contro la violenza fascista o di Stato ma contro la morte "tout court" veniva da riferimenti culturali del periodo ma innanzitutto, più semplicemente, dalla nostra relativa esperienza di vita. Era la prima morte improvvisa, ancor prima che violenta, che accadeva nella vasta area studentesca e giovanile "messa in rete" da Radio Popolare. Il movimento del '77 e l'esperienza di quelli che si erano chiamati circoli del proletariato giovanile e che stavano diventando centri sociali avevano messo in circolazione riferimenti culturali diversi da quelli delle rivoluzioni comuniste e della Resistenza tradita. C'erano il desiderio, la soggettività, un po' di anarchismo, gli spinelli, la musica pop. In questo contesto di transizione, si inventarono lì per lì le forme di religiosità laica per compiangere e ricordare Fausto e Iaio. Le poesie e le lettere lasciate sul luogo del delitto, non solo i fiori, persino un cioccolatino. La Milano operaia e popolare delle generazioni più adulte ci fece vivere un funerale un po' più tradizionale, cerimonia in Chiesa, corteo silenzioso con qualche momento di Internazionale fischiata, ma partecipato quasi come quello delle vittime di Piazza Fontana. Poi si tornò anche a ballare al Leoncavallo, e mentre nasceva il mitico comitato delle Mamme, raccoglievamo in un libro le lettere e le poesie per Fausto e Iaio, e al Liceo Artistico preparavano una mostra. La "lotta contro la morte" era riuscita sul momento a evitare i rischi peggiori di risposta violenta, e sulla lunga distanza ha evitato l'oblìo a Fausto e Iaio. Oggi li ricordiamo non soltanto - purtroppo - per l'ingiustizia, per l'archiviazione della indagine senza imputati, ma anche perché quelle sperimentazioni di lutto attivo e sociale, di religiosità laica, hanno tenuto il ricordo della vitalità di quei due ragazzi . Nei messaggi scritti in questi ultimi mesi e raccolti nel libro Fausto e Iaio trent'anni dopo c'è molto dolore, ma sotto sotto c'è affetto e nostalgia per la dimensione sociale, comunitaria e creativa di quegli anni.