Prima la piazza lo fischia, poi si spella le dita per lui. Quando ha fatto capolino ieri a Piazza Ss.Apostoli in mezzo a centinaia di poliziotti del Sap che manifestavano contro la Finanziaria, Pierferdy s'è beccato una carica - è il caso di dirlo -di fischi e insulti che s'è tramutata in sincero entusiasmo quando il leader Udc ha sparato sulla commissione d'inchiesta prevista dal programma dell'Unione a proposito dei misfatti di Genova 2001.«Noi siamo qui per affermare una cosa importante: che la dignità delle forze dell'ordine si difende rispedendo al mittente iniziative dissennate come la proposta di una commissione d'inchiesta sul G8 di Genova».
Da che parte batta il cuore di buona parte della polizia italiana s'era capito da come a Genova, sui corpi dei manifestanti, battevano i manganelli o quello che capitava (visto che certi carabinieri non hanno ancora spiegato perché si trovassero tra Corso Torino e Via Tolemaide con sbarre di ferrro truccate da sfollagente, e non l'hanno spiegato perché nessuno glielo domanda).Da che parte batta loro il cuore s'era capito alla vigilia delle elezioni del 2001 con un pezzo del Sap a mettere in scena con Gasparri un finto sconfinamento di clandestini sulla frontiera friulana e gran parte dei Cocer di tutte le forze a Palazzo Grazioli, residenza romana del Cavaliere, a rendere omaggio al futuro capo dell'esecutivo: «Siamo alla sua "destra", presidente!», disse sbattendo i tacchi il più alto in grado.Fu un coro di promesse per i «malpagati servitori dello Stato».
Il governo che arrivò ebbe solo attenzioni per i funzionari coinvolti nei misfatti del G8, tutti promossi, ma i malpagati, pasoliniani, "figli del popolo" sarebbero restati tali. Avrebbero faticato a far quadrare i bilanci proprio come i lavoratori e gli studenti che hanno guardato in cagnesco durante gli impieghi in ordine pubblico. Unica garanzia, per le "forze dell'ordine", di non avere grane in caso di violenti G8 o di misteriosi controlli di ps come quello avvenuto a Ferrara il 25 settembre 2005 e in cui restò ucciso un diciottenne che non stava commettendo alcun reato.
Ora è bello e giusto che anche gli agenti di polizia si scoprano cittadini e lavoratori ed esercitino il loro sacrosanto diritto a manifestare. Questo giornale, e il partito di cui è espressione, s'è sempre battuto per la piena sindacalizzazione di tutti i lavoratori in divisa. Meno bello, molto meno, che un leader politico come Casini, solo tre giorni dopo aver messo un migliaio di chilometri tra sé e i suoi ex alleati - per schivare il loro populismo spinto - si presenti su un palco ad assecondare, populisticamente, gli istinti più deteriori di una categoria.
«Di scuse per non voler la commissione d'inchiesta se ne possono trovare tante, l'unica plausibile è che si ha paura che qualche verità possa emergere, soprattutto a proposito delle responsabilità politiche sulla gestione e l'organizzazione dell'ordine pubblico, e poi riguardo l'insabbiamento che è seguito», commenta a Liberazione Haidi Giuliani, senatrice Prc, la mamma di Carlo che fu ucciso da un proiettile di un carabiniere nelle cariche illegittime degli stessi carabinieri contro un corteo autorizzato. Casini ha detto ieri da che parte sta. E ha parlato non solo ai poliziotti del Sap ma ai suoi interlocutori dell'operazione Grande centro. Fare carta straccia del programma dell'Unione, che tante speranze ha acceso nel Paese, è il prezzo che chiede venga pagato per il suo trasloco dalla Cdl.
L'ex carabiniere che si autoaccusò dell'omicidio Giuliani, intanto, continua lo stillicidio di rivelazioni nell'assoluta indifferenza del dibattito politico. In una nuova intervista a Calabria ora, Mario Placanica - prosciolto dall'accusa di omicidio nel maggio 2003 - insiste a fornire dettagli sulla sua estraneità nella morte del ventitreenne che s'era accorto - c'è un filmato inequivocabile - di un braccio con la pistola che spuntava dal defender e provò a difendersi raccogliendo un estintore. Placanica si domanda come mai il collega Cavataio gli abbia tolto la pistola dopo gli spari. Cavataio disse in aula di non essersi accorto degli spari e forse ebbe ordini precisi circa l'arma del commilitone. Nell'intervista, Placanica fa anche appello a un'anonima signora di un terzo piano che affaccia su Piazza Alimonda. Lei avrebbe visto un ufficiale appostato con un fucile di precisione su un altro balcone. Parole che vanno prese con le pinze, certo, chi sparò dal Defender sparò ad altezza d'uomo, le foto sono piuttosto chiare. Ma certe parole di Placanica sommate ad altre evidenze pressoché ignorate dal frettoloso processo, rivelano come sia «scandalosa» (parole di Giuliano Giuliani) l'archiviazione dell'omicidio di cui ieri s'è occupata la Corte europea dei diritti dell'uomo.
La famiglia Giuliani ha presentato ieri un esposto contro lo Stato italiano che ipotizza la violazione della Convenzione europea sui Diritti umani per un uso eccessivo della forza e una inadeguata organizzazione a livello di sicurezza. Durante l'udienza di ammissibilità, ieri a Strasburgo, l'avvocato Paoletti ha sostenuto che durante l'inchiesta giudiziaria c'e' stata una manipolazione dei fatti e che le indagini non siano state condotte in maniera esaustiva perche' non sarebbero stati ascoltati diversi testi chiave, come diversi responsabili della polizia.
Documenti allegati | |
appello al Presidente del Senato sen. Franco Marini e al Presidente della Camera dei Deputati on. Fausto Bertinotti (12 Kb - Formato RTF) COMPILA E SPEDISCI A LIBERAZIONE, VIALE DEL POLICLINICO, 131-00161 ROMA. FAX O6-44183254 |