In occasione di varie iniziative m'è capitato spesso di parlare del G8 di Genova come di uno spartiacque, come di un "fatto periodizzante": uno di quelli che crea un prima e un dopo, nella memoria collettiva e nelle vite individuali di chi ne è rimasto colpito o - a qualunque livello - coinvolto. Ricordo una lunga chiacchierata con Stefano Tassinari (amico mai abbastanza rimpianto) in cui definivamo Genova un trauma, a cui ognuno ha reagito a proprio modo: un trauma per tutti, da cui si dipanano poi le matasse delle storie e delle sensibilità individuali.
Chi mi segue sa già che pure per me Genova è uno spartiacque. Nonostante fossi assente nel luglio 2001. Un'assenza non dovuta a una presa di distanza, ma non nascondo che a tenermi lontano dalle iniziative organizzate dal Genoa Social Forum non furono solo questioni familiari. In quel periodo avevo, se non abbandonato, accantonato l'impegno politico: guardavo con simpatia al "movimento dei movimenti", vedevo il GSF come un interessantissimo laboratorio che andava a relazionare realtà diverse e tutte lodevoli, ma a 35 anni mi ero ritirato nel mio orticello, delegando ad altri battaglie che pure condividevo.
Tutto questo non lo dico con vanto, anzi, mi sento ancora in colpa se penso a quel "ritiro". Un po' perché in certi momenti (lo stiamo vedendo pure oggi, a diverse latitudini) protestare non è solo un diritto, ma un dovere, cui non ci si può sottrarre se non assumendo su se stessi colpe e conseguenze. Un po' perché la mia generazione è quella del riflusso, su cui pesa la colpa d'aver favorito, nel migliore dei casi per colpevole apatia, il precipitare di molte conquiste, d'aver affossato speranze che proprio il popolo di Genova provò a riaccendere. La mia vita di scrittore e mediattivista è cominciata poco dopo il luglio 2001...
Ma vi ho annoiato fin troppo. E non vorrei che questo intervento fosse inteso come nostalgico, quasi che l'ormai vicina ricorrenza di luglio sia un fatto riguardante pochi "reduci" che, "laceri e stanchi", ricordano le botte prese, le ingiustizie subite, le molte battaglie civili condotte dal luglio 2001 ad oggi (con un amaro bilancio in termini di risultati ottenuti). Non lo vorrei, dicevo, perché il punto è diverso.
I fatti di Genova sono una questione civile, democratica, che riguarda tutto il paese. Le questioni sollevate non interessano solo i "reduci" del 2001. L'omicidio di Carlo Giuliani; le torture di Bolzaneto; la negazione del diritto a manifestare e la criminalizzazione del dissenso; l'intimidazione cilena della Diaz; l'assenza nel nostro ordinamento giuridico del reato di tortura; la mancata riconoscibilità degli operatori di polizia in servizio di ordine pubblico (un inciso: recentemente Lorenzo Guadagnucci ha sottolineato giustamente che la polizia turca - certamente non un modello da assumere... - utilizza tali codici); l'atteggiamento di difesa corporativa delle forze dell'ordine e la loro copertura acritica da parte della politica... E tutto questo in un elenco tutt'altro che esaustivo.
Luciano Muhlbauer ha sintetizzato molto bene la questione. Per tutte queste ragioni essere a Genova è - sempre - importante. Lo è pure quest'anno.
Non è ancora disponibile il calendario completo delle iniziative; lo sarà senz'altro nei prossimi giorni (controllate i siti del Comitato Piazza Carlo Giuliani e del Comitato Verità e Giustizia per Genova).
Come ho detto, nel luglio 2001 non ero a Genova. Da allora non sono più mancato. Spero di trovare anche quest'anno tanti di voi.