Rete Invibili - Logo
"Nessun accanimento su quei ragazzi Genova fu devastata e saccheggiata"
Massimo Calandri
Fonte: Repubblica, 15 luglio 2012
15 luglio 2012

«Rivedetevi il filmato della violenze di strada, che abbiamo allegato al termine dell'inchiesta. Riascoltate le richieste di aiuto dei genovesi: la registrazione delle telefonate al 112 e al 113, fatte in preda al terrore, quando le fiamme delle banche o degli autosaloni lambivano i primi piani delle abitazioni. Era una situazione eccezionale, terribile. Qualcosa mai accaduto, in Italia, nel dopoguerra ». Anna Canepa è il pm che con il collega Andrea Canciani ha gestito le indagini sulla guerriglia urbana del G8, formulando il capo di imputazione - devastazione e saccheggio - tradottosi nelle pesanti condanne a carico dei dieci black bloc. Oggi è magistrato della Direzione azionale antimafia e vicepresidente dell'Anm. «Non voglio commentare la sentenza», chiarisce. «Però posso fare qualche riflessione sull'inchiesta».

Cominciando dal capo di imputazione. Roba da codice Rocco, dicono gli avvocati della difesa.

«Fu una scelta meditata a lungo, ragionata. Condivisa. E inevitabile, perché Genova in quei giorni era stata davvero devastata, saccheggiata da chi impedì a tutti gli altri di manifestare democraticamente».

In precedenza, e per mezzo secolo, quell'articolo del codice penale era stato citato in quattro casi soltanto.

«Ma uno scenario eccezionale come quello di Genova non si era mai registrato, nel dopoguerra. Sono felice che il procuratore generale nel suo intervento in Cassazione sia giunto alle nostre stesse conclusioni. È la riprova della serietà del nostro lavoro. Il rinvio alla Corte d'appello per cinque accusati, chiedendo di considerare la "suggestione del tumulto", è un ulteriore elemento in questo senso».

Un ragazzo dovrà fare 14 anni di prigione. Un altro si è già presentato in carcere: uscirà tra dieci anni. Gente che oggi aveva una vita "normale".

«Sono trascorsi undici anni e molte cose, anche dal punto di vista personale ed umano, sono cambiate: ma questo vale anche per tutti gli altri processi e per tutte le persone coinvolte».

Migliaia di persone furono protagoniste degli scontri. E alla fine, solo cinque condanne.

«L'inchiesta è stata lunga, difficile, capillare, a volte estenuante. Identificare i responsabili ha richiesto un impegno straordinario. In alcuni casi siamo partiti da un tatuaggio come unico indizio. Se abbiamo indicato 25 persone, sulle migliaia che hanno partecipato ai disordini, è proprio perché sui coinvolgimenti di questi non c'erano dubbi. Non abbiamo fatto retate nel mucchio. Nessuno di quei 25 ci è finito per caso, sul banco degli imputati. Il dibattimento si è basato su prove fotografiche: chiare, precise. Obiettive. E non abbiamo tirato in ballo reati ideologici o di opinione. Solo fatti concreti ».

Nemmeno uno straniero tra gli imputati. Eppure erano soprattutto loro, il Black Bloc.

«Il contesto era già complicato per gli italiani, figuriamoci per gli stranieri: alcuni di loro sono stati individuati, ma per reati minori».

Il giorno dopo la Diaz aveva ascoltato in ospedale una delle vittime, Lorenzo Guadagnucci. Che dopo quella notte maledetta ricorda di aver finalmente rivisto in lei il volto della legalità dello Stato.

«Il G8 è stata un'esperienza umanamente molto toccante, nel processo ai black bloc abbiamo finito per approfondire anche la tragedia di piazza Alimonda. Non è stato facile e soprattutto per me, che sono genovese d'origine. Ma rivedetevi i filmati di quelle violenze. E capirete».