Non un pianto, non una commemorazione ma la sua analisi politica dei fatti e un incitamento ai presenti ad andare avanti nell'impegno per la verità, «che serve a tutti, serve al Paese». Giuliano Giuliani ha chiuso martedì sera i tredici giorni della Festa di Liberazione al Parco urbano di Bovezzo, ricordando davanti ad una folta platea quel tragico luglio di dieci anni fa a Genova quando la riunione di un G8 si concluse con una dura repressione finita nelle aule dei tribunali e con una vittima tra i manifestanti, suo figlio Carlo, rimasto senza vita sulla strada accanto ad una camionetta dei carabinieri alle 17,27 del giorno 20.
«Carlo, per la cui morte non ci è stato concesso nemmeno un processo, anche dopo un ricorso alla Corte europea che abbiamo perso. Proprio il 24 marzo di quest'anno è stata data ragione allo Stato italiano, confermata la sua posizione. Ci resta unicamente la sezione civile ma non è quello che volevamo» ha tenuto ad informare il battagliero padre, accompagnato a Brescia dalla moglie Haidi che è intervenuta solo per raccomandare due libri recenti che l'hanno particolarmente colpita, «Per sempre ragazzo», una raccolta di trenta scritti di autori vari a cura di Paola Staccioli, edizioni Tropea, e un volume a fumetti di Francesco Barilli e Manuel De Carli intitolato «Carlo Giuliani, il ribelle di Genova», edizioni Becco Giallo.
Giuliani ha ripercorso i processi per i pestaggi alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto, con assoluzioni in primo grado e condanne in Appello; ha fatto riferimento al processo contro i contestatori, alcuni assolti o con pene minime, «altri con quindici anni inflitti per atti contro le cose, più che agli assassini». Ha dato con parole dirette e crude la sua versione dei fatti su «quelle violenze programmate».
«Spero sempre che qualcuno mi denunci, così almeno potrò dire la mia in un'aula di giustizia - ha commentato -. Potrò dire ad alta voce che, come è testimoniato dai filmati, la pistola che ha colpito mio figlio era ad altezza d'uomo. Le mie accuse non vanno alle istituzioni ma alle singole persone, con nome e cognome. L'unica cosa che mi preoccupa è che l'Arma dei carabinieri sia definita quarta forza armata, autonoma dal Parlamento, dipendente dal ministero della Difesa».
Coordinati da Fiorenzo Bertocchi, segretario di Rifondazione comunista a Brescia, soddisfatto per la settima festa riuscita in provincia, sono intervenuti Walter Saresini sull'esperienza passata del Brescia social forum e Flavio Guidi sulla rivolta degli Indignados in Spagna. «C'è spazio per una rinnovata protesta in Italia?» era la difficile domanda. Molta emozione ha suscitato la testimonianza di Attilio Zinelli che con voce rotta ha riportato uno di quei vissuti che non si dimenticano, la giornata nella capitale ligure di oltre 300 bresciani, col responsabile Lamberto Lombardi, fortunosamente sfuggiti alle cariche e tornati a casa illesi. «Del gruppo franciacortino '28 maggio' eravamo in 84, partiti dalla stazione di Rovato. Ci siamo trovati in un campo di battaglia, blindati dappertutto, i lacrimogeni venivano scagliati persino dagli elicotteri. Siamo riusciti ad andarcene dalla stazione di Brignole, non so come, dopo ore di attesa, circondati come in una trappola. Saremo stati in quindicimila, poteva scoppiare di tutto, ma ci è andata bene. In quelle stesse ore altro accadeva tra le pareti della Diaz».