C´è anche un fascicolo fantasma, che la procura non ha mai sviluppato fino in fondo, nella dolorosa e intricata storia giudiziaria del G8 genovese. E´ quello che avrebbe dovuto riguardare due alti funzionari di polizia e due altrettanto importanti ufficiali dei carabinieri. Erano accusati di falsa testimonianza e il reato era stato ipotizzato non dai pm del pool che aveva inquisito decine di appartenenti alle forze dell´ordine, bensì direttamente dai giudici del Tribunale che avevano condannato a pene decisamente pesanti i 25 imputati del processo contro i presunti black bloc.
A quanto risulta a Repubblica, sarebbe già coperta dalla prescrizione la posizione dei quattro accusati: Angelo Gaggiano, vicequestore che nel 2001 era il comandante del servizio di ordine pubblico; Mario Mondelli, attualmente questore di Biella all´epoca uno dei capi della celere (sostituì Vincenzo Canterini alla guida del Reparto Mobile di Roma); il capitano Antonio Bruno e il tenente Paolo Faedda il primo comandante, il secondo suo collaboratore, del Battaglione Lombardia che fu il primo contingente dell´Arma a partire all´assalto del corteo delle Tute Bianche.
I quattro erano tra i principali testi dell´accusa (pm Anna Canepa e Andrea Canciani) per quanto riguardava la ricostruzione degli scontri di via Tolemaide. Ma il 14 dicembre del 2007, nella parte conclusiva della sentenza contro i 25 accusati di devastazione e saccheggio, il dispositivo firmato dal presidente del Tribunale Marco Devoto e dal giudice estensore Emilio Gatti disponeva la «trasmissione degli atti al pubblico ministero in sede per il reato di cui all´articolo 372... ».
Nella sentenza i giudici sottolineano le pesanti contraddizioni di Gaggiano che avrebbe riferito situazioni alle quali non era in grado di avere assistito: «Questa parte delle dichiarazioni di Gaggiano non è attendibile... la circostanza che abbia voluto mantenere ferma la propria deposizione nonostante i diversi elementi di segno contrario... non è un mero errore nel ricordo ma indizio della volontà di riferire un elemento diverso dal vero».
All´allora vicequestore Mondelli, che coordinava il battaglione dei carabinieri, e agli ufficiali dell´Arma Bruno e Faedda i giudici di Genova contestano la falsa testimonianza poiché sostennero di non essersi mai accorti che molti carabinieri della truppa impugnavano non i manganelli regolamentari, i tonfa, bensì tubi di ferro e altri sfollagente non consentiti come dimostrato dalle indagini difensive del Supporto Legale. «Non pare credibile - scrivono i giudici - che Faedda non si sia accorto dell´arma impropria come da lui dichiarato alla visione di queste immagini. Non diverse considerazioni devono essere svolte per le analoghe asserzioni di Mondelli e Bruno».
La trasmissione degli atti in procura però non avrebbe, nei fatti, prodotto l´apertura di un fascicolo vero e proprio. Inoltre, il tempo trascorso dal momento del rilascio delle dichiarazioni incriminate - era il 2004 - fa sì che la prescrizione cancelli ormai qualsiasi rischio giudiziario per i quattro tutori dell´ordine che, secondo i giudici del tribunale di Genova, avrebbero mentito mentre deponevano sul banco dei testimoni.