Tutti assolti. Un giudice d'appello, a Catanzaro, ha respinto il ricorso del pm Cosentino contro le assoluzioni dei 13 attivisti della rete del Sud ribelle - unico "extraterritoriale" il veneziano Casarini - che attraversò Napoli e Genova nel 2001. Il sostituto procuratore generale, proprio ieri, aveva chiesto oltre 30 anni di carcere (tre anni e sei mesi per Francesco Caruso, Luca Casarini, Francesco Cirillo, Anna Curcio e Antonino Campennì e due anni e quattro mesi per gli altri) ma, poco dopo le 16, la sentenza ha confermato le assoluzioni di primo grado. Anche l'accusa aveva rinunciato a capi d'imputazione paradossali come quello di «cospirazione politica, in quanto promotori e organizzatori di una vasta associazione sovversiva di oltre ventimila aderenti che attentarono all'ordinamento economico mondiale durante il vertice G8». L'associazione sovversiva s'era rimpicciolita in associazione a delinquere semplice ma per i giudici nemmeno quello. Il fatto non sussiste. L'impianto accusatorio costruito nel 2002 dal pm di Cosenza Fiordalisi - mescolando le carte della Digos locale con quelle dei Ros di Ganzer, le beghe locali e la voglia dei carabinieri di mettere alla sbarra il movimento altermondialista, s'è rivelato quello che era: un teorema. Adesso Fiordalisi è stato trasferito in Sardegna. E Ganzer condannato a 14 per traffico di droga e peculato. Fuori, invece, festa, abbracci e pugni alzati con le centinaia di persone venute da ogni Sud ancora ribelle.
La notizia rimbalza in tempo reale in Piazza Alimonda dove mancano pochi minuti alle 17.27, l'ora in cui, nove anni prima fu ucciso Carlo Giuliani. Il conto con quei giorni di luglio è ancora aperto. E' Haidi Giuliani a dare la notizia e il cantautore Alessio Lega (autore forse del brano più bello su Carlo) modifica la sua scaletta. «Le uniche parole di giustizia, da un po', arrivano dalla giustizia», commenta la mamma di Carlo che indossa per la nona volta la canotta che suo figlio aveva indosso quando si accorse che una pistola, impugnata da killer, era spuntata dal lunotto di un defender che lì non ci doveva proprio stare perché inadatto ai teatri di ordine pubblico. Senza perdere di vista la mano del suo assassino, Carlo s'era piegato sull'estintore, ha tentato di alzarsi ma fu freddato da due colpi. Dritti in faccia. Il giudice non ebbe dubbi. Fu legittima difesa ma per il carabiniere. Dopo le sentenze che inchiodano i pezzi da 90 della Ps per le violenze alla Diaz e un bel gruppo misto di agenti, carabinieri e secondini per Bolzaneto, dopo la condanna di De Gennaro, quella di Ganzer e l'assoluzione per il Sud ribelle, il processo che non c'è mai stato è ancora più visibile e urgente. «Spero non si dica che anche stavolta i giudici abbiano avuto coraggio - dice Giuliano Giuliani - perché mi piace pensare che sentenze come questa siano un fatto normale». Continua Haidi: «Se è vero che anche il corteo di Tolemaide ha reagito alle violenze ingiustificate di chi lo caricò, Carlo avrebbe avuto diritto a un processo». E' vero, la durissima sentenza contro i manifestanti acccusati di devastazione e saccheggio non ha potuto fare a meno di riconoscere la scelleratezza di chi assalì un corteo regolarmente autorizzato. I conti non tornano. In disparte, come sempre da nove anni, Massimiliano Monai, l'"uomo della trave", secondo i giornali dell'epoca. Il capro espiatorio perfetto. Ma era arrivato in Alimonda quando tutto era successo. Tre secondi prima degli spari. Per lui erano stati chiesti 9 anni, gliene sono stati dati 5, l'indulto gli ha risparmiato la galera. Ogni volta che passa di qui è come se fosse appena successo. «E' stata dura». Per questo se ne sta in un angolo con la compagna e i due bambini. Qui c'è la "solita" piccola folla ma il filo diretto con Catanzaro, e ancora di più il milione e mezzo di firme per l'acqua pubblica, azzerano ogni chiacchiera sulla scomparsa del movimento. «Carlo è vivo», «Genova è libera». Fiori, bandiere, striscioni e canzoni. Le vittime della Diaz e i portavoce di allora, il lungo applauso allo scoccare dell'ora. Per Rifondazione, oltre ai genovesi, c'erano i due coordinatori nazionali dei Giovani comunisti più Alfio Nicotra e Luciano Muhlbauer che furono nel gruppo dei portavoce del 2001.C'è don Gallo («Gli assenti hanno sempre torto») che due giorni prima ha festeggiato gli 82 anni con Luigi Ciotti il quale, predicando di «giustizia sospesa e verità negata», ha parlato anche di «Carlo e gli altri». Sono stati giorni intensi a Genova che oggi vedrà le luci della fiaccolata sfilare fino alla Diaz. Sabato e domenica Haidi e Giuliano hanno mescolato parenti di vittime e cantautori, scrittori e legali, per proseguire la costruzione di una rete del "Paese dei comitati". Ieri, prima della commemorazione, è partito il lavoro di costruzione del decennale di quel luglio. Sarà celebrato con una mostra a Palazzo Ducale di Progetto Comunicazione, con forum internazionali organizzati per tutto luglio sotto il titolo «Cassandra: Genova 2001-2011». «Perché Genova è stata Cassandra», spiega il portavoce dell'allora Gsf, Vittorio Agnoletto, con parole simili a quelle che userà Francesco Caruso all'uscita del tribunale di Catanzaro. «I temi di cui dibattevamo allora, dall'ambiente alla guerra, dal rispetto dei diritti umani a un'economia solidale e i rischi della globalizzazione, si sono rivelati profetici. Per questo è importante fare il punto di questi dieci anni». I conti sono ancora aperti anche sul piano politico. Dieci anni dopo ma non da reduci: «Per chi c'era, per chi se l'è persa, per chi non era ancora nato. Non è l'incontro degli sconfitti - continua Agnoletto - avevamo ragione e senza il social forum non ci sarebbero state molte vertenze territoriali, in Italia, e le vittorie dei popoli indigeni in India e in America Latina». «Il primo problema è far sapere che ci siamo visti e poi aprire un canale di comunicazione con la società come e meglio di come avvenne nel 2001», ricorda Antonio Bruno, oggi consigliere comunale Prc, allora nel Gsf. Per entrambe le questioni "Liberazione" - tra i soggetti a dar vita al luglio di allora - è a disposizione.