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Intervista a Massimiliano Monai
Matteo Indice
Fonte: Secolo XIX, 10 ottobre 2009
10 ottobre 2009


GENOVA. «Ci speravo, non ci credevo. Anzi, quando ho sentito che stavano aumentando le pene a raffica be', ho cominciato a sudare freddo. In molti sostengono che è un'indecenza assolvere quello che stava assaltando la jeep dei carabinieri? Detta così, se non sapessi le cose, la potrei condividere anch'io. Ma per fortuna il tribunale ha capito che era un contesto completamente diverso. E forse si è compreso, finalmente, quello che era successo prima, oltre che durante».
L'uomo della trave è assolto. Massimiliano Monai, oggi 38 anni, il genovese che tutto il mondo vide nelle foto di piazza Alimonda mentre impugnava una barra di legno e colpiva il Defender da cui Mario Placanica avrebbe sparato contro Carlo Giuliani, per lo Stato italiano non deve scontare neanche un giorno. Faceva il barista otto anni fa, oggi è un traslocatore.
Sa che su internet in molti dicono che la sua assoluzione è scandalosa?
«Non mi stupisce, ma ricordo un aspetto: io non ho sfasciato vetrine o incendiato auto alla cieca. I carabinieri hanno caricato un corteo che non dovevano caricare, lo spiegano pure i magistrati; io ero in quel corteo e ho reagito. Poi sapete una cosa sulla trave?
Prego...
«L'ho trovata a pochi metri dal Defender, ho dato un colpo, pure piano. Credo che gli scempi del G8 siano stati ben altri. Vorrei solo che chi mi considera ingiustamente miracolato, magari aspettasse le motivazioni e provasse a capire che, davvero, sul gruppo di cui facevo parte io arrivarono manganellate gratuite».
Ha partecipato spesso a manifestazioni, dopo il G8?
«Una volta alla protesta dei genoani per la retrocessione in serie C. Appena hanno tirato il primo petardo, ho preso la metro e me ne sono andato. Il giorno dopo sui giornali ovviamente dicevano "Monai in mezzo agli scontri". Amen. A luglio vado alle commemorazioni di Carlo Giuliani e, pochi mesi fa, sono stato al gay pride insieme a alla mia compagna e ai nostri figli. Stop. Ogni tre mesi rileggo tutti i ritagli sul G8, conservati fino ad oggi.Prima lo facevo tutti i giorni».
Politica, associazioni, collettivi, centri sociali?
«Non ne ho mai fatto parte. Mio nonno è stato deportato nei lager, perciò qualche volta mi hanno chiesto d'iscrivermi a partiti della sinistra. Non l'ho fatto, posso dire solo di essere antifascista».
Lei esce completamente dai processi, mentre ci sono imputati che prendono tredici e quindici anni. È troppo?
«Ho imparato ad essere più riflessivo e dico: leggiamo le motivazioni. Però ogni giorno sentiamo di uomini che stuprano donne, o le uccidono, e magari escono dopo cinque, sei anni o anche meno. Non voglio fare il qualunquista, e i condannati avranno sicuramente fatto un casino incredibile. Ma credo si possa dire che non hanno ucciso nessuno, e pagano come se lo avessero fatto».