L'avvocato Taormina ha reiterato la richiesta: «va rivista la complessiva vicenda per stabilire con certezza se il proiettile che colpì Carlo Giuliani sia stato esploso dall'ex Carabiniere». O di una terza persona o un ufficiale: la perizia per accertare se il proiettile era camiciato o meno. Nel secondo caso non sarebbe stata in dotazione a un carabiniere semplice ma a un ufficiale o altra persona
L'avvocato Carlo Taormina, difensore di Mario Placanica, l'ex carabiniere (all'epoca in servizio in uno dei reparti schierati in piazza) coinvolto nell'uccisione di Carlo Giuliani durante il G8 del 2001 ai Genova, ha chiesto la consegna di un proiettile del caricatore della pistola dell'ex carabiniere per sottoporlo a una perizia di parte.
La procura aveva già rigettato una priva volta la richiesta, nel dicembre del 2007. Taormina aveva ripresentato istanza nel 2008 ma da allora, secondo il difensore, non aveva avuto più risposta.
Nella richiesta, il difensore di Placanica aveva spiegato che era necessario «rivisitare la complessiva vicenda omicidiaria onde stabilire con certezza se il proiettile che attinse alla testa Giuliani sia stato esploso dall'arma in dotazione all'ex Carabiniere».
Nell'agosto del 2008, infatti, Placanica aveva presentato denuncia contro ignoti per l'omicidio di Giuliani dopo la risultanza di una comparazione tra le perizie di parte che indicherebbe l'assenza, nel corpo del ragazzo, di residui di camiciatura del proiettile. Tale elemento, secondo la difesa, dimostrerebbe che il proiettile che uccise Giuliani non partì dalla pistola di ordinanza di un carabiniere, di norma camiciati, ma da quella di un ufficiale o di un civile.
Sulla dinamica dei fatti, archiviati con il proscioglimento di Placanica (due colpi esplosi, il secondo repertato solo durante la ricostruzione dei fatti mesi dopo e la contestuale scoperta di resti del proiettile sul muro della chiesa di piazza Alimonda) dall'accusa di omicidio e con la serie di perizie che stabilirono come il proiettile fosse stato "deviato" da uno dei calcinacci lanciati durante gli scontri di piazza. c'è sempre stata polemica. Da parte dei familiari di Giuliani e del comitato Verità e giustizia per Genova e dopo un certo periodo anche da parte dello stesso Placanica che, finito in malattia e sotto stress dopo i fatti del luglio 2001, di fatto non è mai più rientrato nell'Arma che ha anche criticato per essere stato «abbandonato».
Sulla possibilità di un terzo colpo esploso in piazza Alimonda o che a sparare sia stata una terza persona (un civile o un ufficiale) che non era sul Defender dell'Arma c'erano stati vari accertamenti di parte, ma nessuna certezza o prova concreta. L'unica certezza, rispetto alle immagini e foto relative al mezzo sul quale si trovava Placanica, alla fine fu sul numero dei militari (3) a bordo del Defender. Ora l'avvocato Taormina rilancia quell'ipotesi e chiede una perizia di parte per accertarne la attendibilità e concretezza.
L'autopsia e le perizie e lo sviluppo delle indagini portarono ad accertare che nella prima autopsia (Carlo Giuliani fu cremato dopo i funerali) il passamontagna che indossava al momento degli scontri e dell'assalto al mezzo dei carabinieri, intriso di sangue, non venne analizzato. E nella successiva verifica emersero delle piccolissime parti del proiettile che lo uccise, colpendolo sul volto, penetrando poi nel cranio.
L'iniziativa di Taormina rilancia quindi dubbi e polemiche, pur tenendo conto anche delle condizioni psicologiche in cui Mario Placanica versa dopo i fatti del luglio del 2001, con una serie di prese di posizione, dichiarazioni quasi sempre rilasciate al di fuori dei processi dedicati al G8 svoltisi a Genova.