Duecentoventi anni di reclusione. È stata questa la richiesta del sostituto procuratore generale Ezio Castaldi al processo d'appello per i 25 dimostranti accusati di devastazione e saccheggio durante le manifestazioni del G8 di Genova. In primo grado i pm avevano chiesto la condanna a 225 anni. Un solo imputato fu assolto, gli altri 24 furono condannati a penne complessive per 108 anni. I giudici allora distinsero nettamente le responsabilità fra i casseur appartenenti al "blocco nero" e le "tute bianche". Pene molto severe per i primi, più blande per gli altri. Se in secondo grado fosse accolta la nuova richiesta, significherebbe che gli addebiti più pesanti (il reato di devastazione e saccheggio) sono stati estesi a tutti. E alcuni imputati rischierebbero concretamente di tornare in carcere. Alla lettura delle richieste ne era presente in aula soltanto uno, Paolo Putzolu, assistito dal legale Pietro Bogliolo. Putzolu era stato condannato a due anni e otto mesi per resistenza aggravata dalle lesioni, ma assolto dall'accusa di devastazione e saccheggio.
Dopo la requisitoria hanno parlato i legali che rappresentano le "vittime". Il primo a discutere è stato Umberto Pruzzo, che assiste il carabiniere alla guida del defender da cui il suo collega Mario Placanica sparò uccidendo Carlo Giuliani. La costituzione di parte civile è nei confronti di Massimiliano Monai, noto come "l'uomo della trave", accusato di aver partecipato all'assalto. È stata quindi la volta dei legali di Carige (alcune agenzie furono devastate) e dell'Avvocatura dello Stato: il ministero degli Interni e della Difesa ritengono infatti rovinata la loro immagine dal disastro di quei giorni.