Una serie di eccezioni per difetto di notifica e subito il rinvio al 4 giugno prossimo.
E' iniziato così, ieri mattina, il processo d'appello a 25 persone inseguite dal 2001 dalla paradossale accusa di devastazione e saccheggio, un reato inventato per colpire gli sciacalli che entrano in azione dopo i bombardamenti o dopo un terremoto e ripescato da chi dovette occuparsi dei fatti di Genova del 2001 per controbilanciare l'enormità dei massacri della Diaz e di Bolzaneto.
I tempi si preannunciano brevissimi in un contesto di silenzio delle reti di movimento sulla specifica vicenda di 25 persone pescate dal mucchio dei 300mila aggrediti nei giorni del luglio. Ieri, a palazzo di giustizia, nella stessa aula che ha ascoltato le sentenze choc sulla Diaz e su Bolzaneto (assoluzioni o pene minime per gli esponenti delle forze dell'ordine) è stata pronunciata dal pm una relazione definita asettica, difficilmente interpretabile, dagli addetti ai lavori. Ma l'accusa insiste per affibbiare quanti più anni possibile a tutti i manifestanti. Le conclusioni delle difese potrebbero iniziare già dal 5 giugno nell'ambito di un calendario fitto in cui si cercherà riunire il processo anche per le posizioni ieri stralciate per difetti di notifica. Il silenzio del movimento rischia di svalutare le certezze fissate dalla sentenza che, se da un lato, è piuttosto pesante per i cosiddetti black bloc (qualcuno è stato condannato a 11 anni per un "semplice" danneggiamento"), dall'altro dice cose importanti. Ossia, spiega che la responsabilità degli scontri di via Tolemaide è tutta dei carabinieri. Infatti, gli imputati riferibili all'area delle tute bianche, che divennero disobbedienti quel 20 luglio, uscendo dal Carlini, sono scampati per questo alla condanna per devastazione, portando a casa solo reati e pene minori. E' stata loro riconosciuta la scriminante della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale. Coloro che scendevano da via Tolemaide subirono una serie lunghissima di illeciti da parte dei carabinieri: giornalisti che furono presi a calci, lacrimogeni sparati ad alzo zero, blindati in corsa a inseguire manifestanti sui marciapiedi, la carica immotivata a un corteo regolarmente autorizzato, l'uso di spranghe, camuffate da manganellate.
Illeciti che il pm continua a minimizzare. «E sono restati tutti senza alcuna sanzione, neppure un'iscrizione di ignoti al registro degli indagati - osserva uno dei legali della difesa, Emanuele Tambuscio - e il tribunale aveva trasmesso gli atti alla procura per quattro testi, due ufficiali dei carabinieri e due dirigenti di polizia (quelli che hanno comandato le cariche) perché hanno detto il falso. Due anni dopo il fascicolo è fermo lì». Come sia possibile? Basta non fare nulla, per non aumentare il fastidio prodotto da una sentenza come quella pronunciata nel dicembre 2007. In un paese normale cadrebbero i ministri, qui non cade neanche un brigadiere. Sono stati cinque, ieri, gli imputati stralciati che dovranno comparire nelle prossime udienze. Nell'aula magna dove si è svolto il dibattimento presieduto da Maria Rosaria D'Angelo non era presente alcun imputato. Davanti ai giudici, solo i difensori degli imputati ed i legali delle parti civili. Gli imputati stralciati per difetto di notifica sono Duccio Bonecchi, Paolo Dammicco, Mauro Degl'Innocenti, Omid Tabar Firouzi e Francesco Toto: per i primi due l'udienza è fissata per il 13 luglio mentre per gli altri tre il 18 giugno. I giudici, dopo una camera di consiglio di oltre un'ora, hanno pure deciso la data che riguarda altri due imputati: il 4 giugno per Carlo Arculeo e Antonino Valguarnera. In questo caso a causa dell'assenza del loro difensore, Roberto Lamma del foro della Spezia che è malato.
In primo grado le condanne erano state complessivamente di 108 anni per 24 imputati. L'unica assoluzione, per non aver commesso il fatto, aveva riguardato solo Nadia Sanna. I pm Anna Canepa
e Andrea Canciani avevano invece chiesto 225 anni di carcere complessivi.