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Corre su internet la parte oscura della polizia: odio e spirito di corpo
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione, 17 gennaio 2009
17 gennaio 2009

«L'Italia non è uno stivale. E' un anfibio di celerino»: è un rumore di fondo inquietante quello che restituisce a un lettore profano la chat intranet degli operatori di polizia. Se i riflettori battono sull'immagine patinata e bonaria che straripa dalle numerose fiction (sponsorizzate dai comandi generali), sul web va in scena ogni notte la dark side, la parte oscura, della polizia, delle polizie. Si chiama Doppia Vela come il nick name della centrale operativa della sala radio della questura. Ed è stata "violata", anzi svelata, da un noto cronista di Repubblica , Carlo Bonini, in un libro appena uscito per Einaudi, "Acab" acronimo dall'inglese: "All cops are bastards". Il sito risulta inaccessibile ai non addetti ai lavori. Per accedere ai contenuti del portale è necessaria una doppia registrazione, prima nella rete multimediale della Polizia di Stato, poi c'è da inserire le credenziali. Solo allora si schiude un mondo pieno di odio per chiunque interferisca col lavoro del poliziotto. Odio, orgoglio, rabbia che si scaricano anche sulle vittime di operazioni controverse, se non addirittura fuorilegge, come quelle di Genova 2001. Le anticipazioni fornite riguardano proprio gli sfoghi in rete contro Michelangelo Fournier, il vice di Canterini, che coniò la definizione ultranota di «macelleria messicana» con l'intento di non lasciare il suo reparto a rispondere da solo della mattanza della Diaz. Un suo collega, N. da Anzio, teme che sia la stura per «l'inquisizione mediatico-politica»; G. da Roma lo chiama il «nostro buon samaritano» che non impara a tenere la bocca chiusa. Secondo I. da Genova «si è messo a cantare perché non gli hanno dato nessuna promozione» mentre D. di La Spezia invita tutti a ignorarlo per non aiutarlo «nella sua viscida campagna elettorale». Ma le parole più truci vengono riservate agli antagonisti, agli "antiglobal" non appena qualche voce nel deserto si azzardi a fare cenno degli «errori commessi» a Bolzaneto o nelle vie di Genova. E. da Padova non si vergogna affatto di avere colleghi che «avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste». Secondo lui è impossibile che un robocop possa «tentare violenza a una capra malata». E giù coi luoghi comuni con le compagne poco attente all'igiene. Il padovano si vergogna «perché oggi la madre di un teppista imbecille, dimostrando una mancanza di scrupoli e un cinismo degni di una kapò, è riuscita a farsi eleggere senatrice». «Quindi per te avere al fianco un cretino non è un problema?» insiste C. da Roma, voce controcorrente consapevole tanto da aggiungere alla firma, anziché una massima militaresca tipo "Per aspera ad astra", una frase illuminante: "L'esistenza è battaglia e sosta in terra straniera". Il padovano è irremovibile: «Io ritengo opportuno fargli così tanto schifo e paura che non devono pensare di attaccarci (gli autonomi, ndr)».
«Nulla di nuovo sotto il sole», commenta per Liberazione , Salvatore Palidda, sociologo all'Università di Genova, autore, ra l'altro, di "Polizia postmoderna: etnografia del nuovo controllo sociale". «Sai benissimo che non è tutta così. Ma ci sono periodi in cui si accentuano alcune caratteristiche. In questo momento c'è un mnistro dell'Interno come Maroni, c'è una destra parafascista al governo che deve dimostrare che si possono massacrare rom e migranti. E' chiaro che siamo in una congiuntura in cui comportamenti autoritari e violenti sono assolutamente abituali in molti strati della società e la polizia non è diversa dalla società. La stessa percentuale di razzisti e fascisti che c'è fuori, si ritrova tra le forze dell'ordine. Solo che nella polizia hanno potere, hanno il fucile dalla parte del manico, godono di enorme discrezionalità, possono fare quello che gli pare».
Sulla sponda del Po opposta a quella in cui scorazzò la Uno bianca, è stata scoperta di recente la vicenda della Panda nera che si aggirava in un paesino della bergamasca con a bordo carabinieri e vigili che rapinavano di notte gli immigrati. Un capitano fissava i criteri di produzione (tot sequestri, tot arresti) e loro oltrepassavano continuamente il confine tra legalità e illegalità. Il clima che si respira a Ferrara, con l'emersione dell'omicidio Aldrovandi, dipinge un quadro non meno fosco di quello tracciato da Bonini. La reazione dei sindacati locali di polizia maggioritari è stata a dir poco rabbiosa contro una famiglia che tentava solo di ottenere verità e giustizia. E i fatti di Parma e Como, con protagonisti vigili-sceriffo violentissimi e razzisti, fanno intravedere una tendenza in cui vigili, vigilantes e ronde, Palidda li chiama «i militanti della tolleranza zero», facciano loro «il lavoro sporco per conto di sindaci e questori.
Certo ci sono «ambienti più sensibili ad atteggiamenti violenti e autoritari», continua il sociologo riferendosi ai reparti caratterizzati da una struttura militaresca, come la Celere dove la riforma dell'81 «non ha intaccato la vita di caserma». «In questi reparti - spiega - addestramento e stress sono tipici della vita militare». Uno dei suoi studenti, di mestiere guardia di finanza, gli ha raccontato quando da basco verde (le fiamme oro adibite a ordine pubblico) s'è imbattuto nei dspositivi di incorporazione e gli è stato insegnato «a menare e a non farsi menare». Ma è una questione di frame, di clima politico, che «oggi fa ringalluzzire i settori più fascistoidi». Insomma, lo "sbirro" è fortemente infuenzato dai dirigenti, dallo spirito di corpo ma anche dallo spirito del tempo: «Non esiste più l'istituzione totale, la polizia di D'Inzeo che caricava a Porta S.Paolo - conclude Palidda - oggi la contaminazione esiste. E gli operatori sono infastiditi dalle fiction italiane, le più edulcorate, preferiscono i telefilm americani, il modello Rambo». Il Sap, sindacato di destra della polizia, preferisce evitare ogni problematizzazione: «La polizia italiana è una istituzione sana, rispettosa delle leggi e ogni giorno, 100mila operatori, lottano contro la criminalità, a volte a rischio della propria vita e per pochi spiccioli». E quelle parole terribili sul web? «Solo uno sfogo tra amici che non reali convinzioni o mancanza di rispetto delle norme di legge». Punto. Le polizie non discutono.