Oggi è il 20 luglio 2008. Il caso ha voluto che proprio in questi giorni l'eco del G8 genovese di sette anni fa si sia fatta sentire più forte. Il caso è a volte una brutta bestia che rimescola le carte e che fa pensare. Le coincidenze sono porte che si aprono e si chiudono. Si è chiuso il processo per Bolzaneto, sulle atrocità nella caserma degli orrori. Sono stati condannati 15 aguzzini su 45, i ragazzi e le ragazze offesi ed umiliati, evidentemente hanno fatto molto da soli. Due giorni fa la requisitoria durissima, dei Pm, sull'irruzione alla Diaz, l'altro grande processo che riguardava il G8. 109 anni e 9 mesi sono stati chiesti per 28 dei protagonisti di quella notte di massacro e di bugie. In autunno si chiuderà anche questo caso. Il terzo processo, quello per le violenze di strada, si era concluso alla fine dello scorso anno: condannati i manifestanti, 25, per essersi inflitti calci e manganellate. I poliziotti, non identificabili, sono risultati innocenti nonostante le cariche fossero state riconosciute illegali. Come si sa le ricorrenze sono i momenti della memoria, dei ricordi, delle emozioni. Il G8 di Genova è un grande mosaico di memoria, ricordi ed emozioni ed è destinato a rimanere così nel tempo. In questo mosaico si vedono chiaramente scene di sangue, notti bianche, fumi, urla, spari e poi processi, requisitorie, indagini. Eppure manca, per noi, la tessera che da sola avrebbe rivelato il tessuto autentico di questo arazzo.
La porta che non si è aperta e che in questi giorni, per la coincidenza con Bolzaneto e Diaz, appare con tutta chiarezza come quella più importante. Il processo che non si farà mai. Il reato che resterà impunito: l'assassinio di Carlo Giuliani, 20 luglio 2001. Il processo negato. Negato per paure, per superficialità, per negligenze. Negato perché sarebbe stato difficile contrastare la documentazione, le prove che gli avvocati e i periti della famiglia Giuliani avevano accumulato per dimostrare che Carlo non fu ucciso da un sasso, che lo sparo era ad altezza uomo, che si trattò di una discutibilissima autodifesa. Un caso frettolosamente archiviato, imbarazzante per forze dell'ordine e giudici. Un caso che andava discusso, un'indagine che andava approfondita. Quel processo ci manca. Comunque così è andata a finire. Pronti anche all'amarezza che ci hanno lasciato le sentenze di "strada" e di Bolzaneto. Ma avrebbe avuto la dignità di un processo vero. Non hanno voluto farlo. E mentre il carabiniere Placanica vivacchia tra scheletri nell'armadio, rimpianti e paure, la famiglia di Carlo non avrà mai la verità su quanto accaduto, Non l'avremo neanche noi. Questo resterà il grande vuoto di quelle giornate genovesi. Un vuoto che inghiotte delusioni e rabbia. Incolmabile senza quel processo.