Per i venticinque manifestanti accusati di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio erano stati chiesti in media nove anni a testa. Per gli appartenenti alle forze dell'ordine che nella caserma di Bolzaneto si sono esercitati in violenza, sopraffazione, vera e propria tortura, ne sono stati chiesti in media meno di due a testa. Le cose valgono più delle persone, si commenta. Forse dipende dalle cose e dalle persone. E da chi compie il reato.
Tuttavia è comunque importante che sia stata chiesta una condanna, che quei comportamenti da autentici delinquenti in divisa (o in camice) vengano sanzionati, che sia almeno scalfita l'impunità. Non mi stancherò mai di ripetere che l'unico modo per restituire alla gran parte delle forze dell'ordine l'onorabilità e la dignità cui hanno titolo, è l'esplicita condanna dei comportamenti che a Genova hanno assunto quel carattere devastante che abbiamo dovuto constatare. Proprio l'impunità è lo spaventoso verminaio di coltura nel quale quei comportamenti si sviluppano, tendono a generalizzarsi, si affermano come prassi quotidiana.
Ora attendiamo la sentenza. E poi la conclusione di un altro processo, quello per la macelleria messicana alla Diaz, e per la vergogna dei falsi (le molotov portate dentro la scuola dai poliziotti; le strabilianti dichiarazioni del portavoce della polizia - guarda caso lo stesso di Arezzo, sempre lui sei anni dopo - sul fatto che erano entrati per portare soccorso a persone ferite nel pomeriggio). E intanto siamo già a cinque condanne in sede civile per maltrattamenti, percosse e ferite subiti da persone inermi.
Sono fatti concreti che propongono un inquietante interrogativo: perché non è stato ancora avviato un processo per le violenze di strada, per le aggressioni a cortei e manifestazioni autorizzati, a manifestanti che non avevano commesso alcuna illegalità? Un ottimo dvd realizzato dalla segreteria legale che segue i processi genovesi, OP ordine pubblico a Genova, ha dimostrato con dovizia di documentazione le scelte repressive violente esercitate da poliziotti e carabinieri nella giornata del 20 luglio 2001. Sono proprio quelle violenze che hanno determinato, nella sentenza del processo ai venticinque, una forte riduzione della pena richiesta per gran parte degli accusati. Il tribunale ha riconosciuto per i ragazzi di via Tolemaide che il loro comportamento era stato determinato proprio da quelle violenze gratuite e che quindi si configurava come resistenza.
Anche Carlo ha provato, forse con un eccesso di presunzione, a resistere alle minacce di una pistola puntata e caricata da tempo. Avremmo potuto accertarlo in un processo, ma questa possibilità è stata ritenuta troppo pericolosa e quindi è stata indecorosamente decisa l'archiviazione. Abbiamo inoltrato ricorso alla Corte europea di Strasburgo che lo ha giudicato ricevibile. Attendiamo ora il pronunciamento e le decisioni che la Corte vorrà assumere. Una ragione in più per ritenere l'Europa un argine alle storture del nostro Paese.