Dopo una camera di consiglio durata sette ore, è arrivato il verdetto del tribunale genovese: 110 anni di condanna per 24 imputati e una sola assoluzione per i fatti di Genova del luglio 2001. Tanti anni di carcere, nonostante i pm Anna Canepa e Andrea Canciani ne avessero chiesto più del doppio, un mese fa, nella loro requisitoria finale. L'accusa generale della procura, la devastazione e saccheggio, ha retto solo a metà, nell'ambito di una sentenza che, pur smentendo gran parte della accuse dei pm, effettua una distinzione piuttosto netta e rischiosa tra gli imputati considerati devastatori e saccheggiatori, puniti in modo esemplare, e quanti, secondo il tribunale, hanno solo effettuato danneggiamenti, a seguito di una carica arbitraria dei carabinieri in via Tolemaide. La corte, composta dal presidente Devoto e i giudici a latere Gatti e Realini, ha condannato dieci imputati per il reato di devastazione e saccheggio, con pene dai 6 agli 11 anni, mentre per 14 imputati le condanne - da 5 mesi a 2 anni e 6 mesi, con una condanna a 5 anni per lesioni a Filippo Cavataio, autista del Defender di Piazza Alimonda, in occasione dell'omicidio di Carlo Giuliani - sono state comminate per il reato di danneggiamento aggravato.
Per questi ultimi manifestanti è dunque caduto non solo il reato di devastazione e saccheggio, il famigerato articolo 419, ma anche quello di resistenza, al contrario di quanto avevano chiesto in sede di requisitoria i due pm Anna Canepa e Andrea Canciani. Per il tribunale la reazione dei manifestanti avvenne a seguito di un atto arbitrario, la carica dei carabinieri in via Tolemaide, e non costituisce pertanto reato. Segnale dell'attenzione della Corte nei confronti delle cariche al corteo sceso dal Carlini e sviluppatosi tra corso Europa e via Tolemaide è anche la richiesta di trasmissione degli atti per falsa testimonianza di alcuni funzionari delle forze dell'ordine: il capitano Antonio Bruno, a capo del contingente che caricò i manifestanti, il tenente Paolo Faedda e per i due primi dirigenti della polizia Angelo Gaggiano e Mario Mondelli, il funzionario a seguito del battaglione dei carabinieri protagonista della carica, dei pestaggi nelle vie limitrofe e dell'uso di spranghe di ferro anziché i manganelli in dotazione.
La sentenza è arrivata dopo quattro anni di processo, centinaia di testimonianze, ore di video e migliaia di foto, in un tribunale presidiato militarmente fin dal mattino da parte delle forze dell'ordine. Il dispositivo dei giudici genovesi costituisce una delle possibili soluzioni paventate in questa settimana di attesa. Mano pesante nei confronti dei manifestanti ritenuti appartenenti al cosiddetto blocco nero, rei di avere messo in crisi l'ordine pubblico di quei giorni, attraverso devastazione e saccheggi: per loro la Corte ha accolto totalmente la tesi della procura, compresa quella, tanto bizzarra quanto pericolosa, del concorso morale. In questo modo alcuni imputati che semplicemente si sono trovati nei pressi dei disordini hanno pagato solo per la propria presenza, il proprio concorso, ai fatti. Poco conta quanto si è fatto e quanto è stato provato in aula. Per quattro dei condannati per devastazione e saccheggio la Corte ha stabilito anche la sospensione perpetua dai pubblici uffici e tre anni di libertà vigilata, una volta scontata la pena.
Il tribunale, invece, ha rivoltato completamente la lettura della procura per quegli imputati le cui posizioni facevano riferimento alle cariche di via Tolemaide. I pm Canepa e Canciani avevano chiesto pene pesanti anche per loro, in totale 225 anni di carcere, sottolineando i loro intenti violenti. Il tribunale di Genova invece ha riconosciuto l'irregolarità della carica, derubricando non solo il reato di devastazione e saccheggio, ma anche quello di resistenza. Per tutti i condannati, infine, a parte il pagamento delle spese processuali e di alcuni danni nei confronti di istituti bancari, l'ammontare dei danni patrimoniali è stato sospeso e affidato a un giudizio civile. Nella medesima sede si stabiliranno anche i risarcimenti non patrimoniali (due milioni di euro), richiesti dallo stato italiano per i danni all'immagine.