Da sei anni ricevo lettere anonime. Prima ne avevo solo sentito parlare. Arrivano a piccole onde, come la sporcizia sulla riva del mare in certe giornate. E come sporcizia le ho semplicemente buttate via. Quasi sempre. Perché ad un certo punto mi sono accorta che c'è un nesso tra la pubblicazione di alcuni articoli e il numero e il contenuto delle lettere. In che senso? Un tale, che si autodefinisce giornalista, scrive, oltre al resto, che Carlo aveva un figlio. L'ennesima notizia falsa - purtroppo, aggiungo io - ma ecco che nelle lettere che arrivano subito dopo si inveisce contro il giovane padre degenere e chi l'ha così malamente educato. Le stesse testate che nelle ore successive si erano prodigate a descrivere il morto come un 'figlio di nessuno', quando i familiari cominciano a chiedere che si faccia luce sui fatti torbidi di piazza Alimonda, quasi si scandalizzano; lettere anonime giungono copiose a rammentare alla madre il comportamento più consono al suo ruolo: tacere, pregare per l'anima - sicuramente dannata - del figlio, chiudersi in casa a piangere. In un articolo si scrive che la madre di Carlo è approdata addirittura in Senato, grazie a chissà quali loschi accordi, e subito l'anonimo di turno mi rinfaccia l'autoblù e perfino la scorta: non mi vergogno, io che tutti i giorni insulto le forze dell'ordine, a farmi portare a spasso da quei poveri agenti?! Sì, ci sarebbe da ridere, ad averne ancora il fiato. Lettere anonime, dicevo. La settimana scorsa due, nella casella della posta di palazzo Madama, provenienti da due città diverse. Anche lo stile è diverso, se si eccettuano gli insulti, pervicacemente diretti ad offendere la donna, la femmina, perfino la madre (significativo, in un paese come il nostro, apparentemente tutto mamma e famiglia). Riporto il testo di una di queste, tralasciando la sequela iniziale di epiteti: "Partoristi un delinquente assassino che ti ha fruttato un posto da Senatrice. E' bello partorire un figlio di ... per assicurare a te ... un posto in Senato. Il sottoscritto non era a Genova, se mi trovavo con i colleghi su quella camionetta, giuro che facevo tutti fuori con la mitraglietta quei tuoi amici 'santini' questa è stata la loro fortuna". Seguono altri graziosi attributi.
La sintassi è carente ma la fantasia non manca, si arriva a darmi della terrorista, e si conclude con un patriottico "W L'ARMA". Dunque: per lo scrivente (il "sottoscritto" infatti si dimentica di sottoscrivere) è la vittima il vero assassino, non chi ha ucciso. Potrebbe sembrare aberrante, come ragionamento, se non fosse supportato dalla tesi del giudice che ha archiviato il caso, negando a Carlo un giusto processo e sostenendo che, anche se non fosse possibile ravvisare la legittima difesa, è comunque legittimo l'uso delle armi in ordine pubblico. Di più: l'avrei fatto uccidere io, mio figlio, per arrivare all'ambito scranno. Qui il nostro scrivente fa una doppia capriola: il livore nei miei confronti non è dovuto solo al fatto che da sei anni continuo a chiedere che si indaghi sulla realtà delle giornate genovesi del 2001 e sulle effettive responsabilità; è provocato anche dall'invidia per quegli emolumenti senatoriali che mi starebbero indegnamente arricchendo. Sarà un effetto dell'antipolitica?
In altra parte della lettera, il nostro scrivente se la prende con le "armate di delinquenti centri sociali no global Cgil comunisti che hanno ucciso milioni d'innocenti in tutto il mondo + delle due guerre mondiali". Idee poche ma confuse, verrebbe da commentare, se non fossero sostenute da tanto revisionismo storico diffuso da certa stampa e da alcune trasmissioni televisive. L'ultima perla in tal senso proviene dall'interno dello stesso Parlamento, da un deputato dell'Udc che vorrebbe inserire nella Costituzione il reato di "apologia di comunismo". Ma c'è un problema in più, un grave problema: lo scrivente è un carabiniere, si suppone tuttora in servizio. In servizio per che cosa? Per la sicurezza. La sicurezza di chi? I suoi superiori sono a conoscenza delle sue idee? Le condividono? Se mi fermano per strada, chiedeva qualche giorno fa un amico in internet, come faccio a sapere se ho davanti un poliziotto onesto o uno dei presunti assassini di Ferrara o un sadico torturatore o uno dei potenziali omicidi della Diaz o di Bolzaneto? Scriveva Lorenzo Guadagnucci, all'allora ministro dell'Interno Pisanu: "Dopo il racconto dei pestaggi, delle umiliazioni, delle falsificazioni compiute dalla polizia (la falsa sassaiola, le molotov collocate ad arte, il dubbio accoltellamento di un agente...), c'è un unico modo per mostrare rispetto e fiducia verso la polizia di Stato: chiedere immediatamente ai dirigenti così pesantemente sotto accusa di fare un passo indietro in attesa dei processi e arrivare più rapidamente possibile a un accertamento delle responsabilità. Per il bene della polizia, per la sua credibilità. Lei dice di stare dalla parte della polizia, dei carabinieri, della guardia di finanza. Anch'io sto dalla loro parte, e per questo denuncio quanti di loro tradiscono la loro missione, infrangono la legge, calpestano i diritti dei cittadini. Mi aspetterei altrettanto dal ministro degli Interni".
Sono passati altri quattro anni, i dirigenti indagati sono stati promossi, gli autori delle violenze sui manifestanti continuano a non avere un nome, ci sono stati altre violenze e altri morti, è cambiato governo e ministro degli Interni, c'è ancora chi si oppone alla commissione di inchiesta. Allora io chiedo a chi pretende di non voler "delegittimare l'onorabilità delle forze dell'ordine" ricostruendo fatti, catena di comando, responsabilità nella gestione dell'ordine pubblico, responsabilità politiche; ebbene, mi risponda, per favore: davvero i cittadini possono sentirsi più sicuri sapendo che ci sono in giro persone, come l'autore della lettera anonima, protette da una divisa e armate di mitraglietta? Continuerò a ricevere lettere senza firma, tuttavia sono noti a tutte e tutti noi i nomi dei suggeritori.