Durissimo attacco, in due tempi, quello ascoltato ieri e martedì a Palazzo di Giustizia di Genova nelle requisitorie dei pm Canepa e Canciani al processo contro i 25 manifestanti del G8 accusati di devastazione e saccheggio. La linea accusatoria sembra quella di provare a ridimensionare le accuse alle polizie di vario genere. Specie quelle della Diaz. Se ieri il pm Andrea Canciani ha cercato di dimostrare che le cariche quasi non ci furono, martedì la sua collega Anna Canepa ha sostenuto che furono i black bloc, «una minoranza certamente violenta» e di cui si tenta una definizione non sempre convincente, a dare il via al «crescendo di violenza» fin dal mattino del 20 luglio partendo anche dalla Diaz (l'«arrivo del corteo dello smash» - sempre le tute nere, ndr - fu da via Trento, «prossima a Via Battisti ovvero la sede del Gsf nella scuola Diaz Pascoli»). La ricostruzione delle mosse del blocco nero il 20, fatta da Canepa, tendeva a dimostrare le fattispecie di devastazione e saccheggio attraverso un lungo elenco di segnalazioni di danneggiamenti fatte da persone che avrebbero trasmesso ai tutori dell'ordine un «senso di precarietà e pericolo». Pezza d'appoggio sarebbe anche la realizzazione di uno striscione nei locali della Diaz documentata in un'informativa del Ros dei carabinieri che fa parte dell'inchiesta cosiddetta dei teatranti austriaci, arrestati perché ritenuti black bloc. Sarebbe la prova che attendevano i difensori dei poliziotti che qualche violento dormiva alla Diaz così da giustificare la macelleria messicana, parole di un pezzo grosso della Celere. In particolare, i Ros avrebbero le prove che alla Pascoli, di fronte alla Diaz, furono ritrovati caschi e bandierine dei celebri tamburini che accompagnarono alcune azioni dei "neri".
E, mentre la difesa dei poliziotti della Diaz si scatenava ieri su presunti sprechi della procura nell'inchiesta sugli abusi e le violenze nel quartier generale del social forum, nella scena del processo ai manifestanti Canciani pronunciava la sua lunghissima ricostruzione dei fatti del 21, ossia del sabato, sostenendo che le tattiche di devastazione e saccheggio sarebbero state la causa e non l'effetto dell'assalto di migliaia di "robocop" di ogni polizia contro 300mila manifestanti. Bontà loro, l'accusa s'è dimostrata consapevole, in entrambe le requisitorie, dell'inaudita violenza delle forze dell'ordine, della loro «assoluta confusione quando si scagliano contro i manifestanti pacifici anziché contro il blocco nero. Ma questa è un'altra storia», aveva detto Canepa. «Noi in questo processo ci occupiamo d'altro», ha ripetuto Canciani prima di affrontare l'ultimo capitolo della sua prova: confutare la tesi difensiva sintetizzata nel celebre video "O.P." dai legali dei 25 manifestanti. Questi ultimi hanno sempre sostenuto che l'ordine pubblico, specie in Via Tolemaide, fu turbato da chi doveva garantirlo e non dai manifestanti che furono caricati senza ragione nonostante il loro fosse un corteo non vietato. «Qui è difficile parlare di percorsi autorizzati o meno - dirà Canciani - non è sempre così facile far valere un non divieto». Ma i manifestanti si trovarono incastrati senza vie di fuga adeguate e ciò avrebbe determinato la legittima difesa da parte di alcuni settori di corteo. Tutto lo sforzo di Canciani è rivolto a sminuire le cariche, e negare la continuità delle cariche e il loro legame con l'omicidio di Carlo Giuliani quasi due ore dopo. «Si è sentito parlare di continue cariche laterali in via Tolemaide... non ve n'è una perché non sono mai esistite». Ancora: «Nel momento in cui affermo che dalle 14.56 fino alle 17.30 (3 minuti dopo l'uccisione di Carlo, ndr) è stata una carica continua e ininterrotta e una caccia all'uomo affermo una cosa non vera». Parole durissime, non sempre sostenute da immagini, che servono a slegare i fatti di Piazza Alimonda da quello che è accaduto prima.
Entrambi gli accusatori hanno chiaro che tute bianche e blocco nero non sono la stessa cosa. Ma, per risolvere l'incongruenza, la prima punta l'indice sulla dichiarazione di guerra al G8, lanciata da Casarini alla vigilia del vertice, per violare la zona rossa, e che non sarebbe «una boutade allegorica». L'altro pm ritiene «tutt'altro pacifista» l'atteggiamento dei disobbedienti all'uscita dal Carlini e che dopo il saccheggio del supermercato al di là del tunnel della ferrovia «una parte del blocco nero si riversa nell'area del corteo delle tute bianche». Nelle strade laterali, inoltre, non ci sarebbe stata presenza delle forze dell'ordine e i contatti tra i due schieramenti si sarebbero avuti solo in due momenti. Alle 15.06 per due minuti in cui comunque c'è il danneggiamento dell'ambulanza dei manifestanti e l'arresto di chi era a bordo. E, dieci minuti prima, alle 14.56 e 52 secondi per 40 secondi in cui cade la barriera dei manifestanti e altri 60 in cui i carabinieri affondano. Non ci è parso di leggere nella trascrizione alcun cenno ai colpi di pistola pure immortalati nelle foto. Non solo, lo scetticismo degli accusatori riguarda la presunta pioggia di lacrimogeni. Salvo poi ammettere che la situazione nelle vie laterali fosse «più complessa» ma sempre «senza nesso causale» con il contesto di Via Tolemaide. E se non è sicuro che il blindato dei cc che affrontò a tutto gas i manifestanti zigzagando volesse davvero far male, Canciani è certo che chi assalì un mezzo del genere in Corso Torino fosse un devastatore-saccheggiatore (da 8 a 15 anni, appunto). Proprio come per il defender di Piazza Alimonda. Prossima udienza martedì.