DUE milioni di italiani davanti alla Tv per il G8. Sei anni dopo. Due milioni convinti dalla straordinaria abilità di Carlo Lucarelli nel raccontare anche, e soprattutto, le storie più intricate. Ma probabilmente anche dall´impossibilità di rimarginare una delle ferite più vive del dopoguerra.
Due milioni di persone che, forse, erano convinte di sapere già tutto sul dramma genovese, ma che difficilmente dimenticheranno i racconti di chi li ha vissuti sulla propria pelle, delle donne additate come prede per imminenti stupri nella caserma di Bolzaneto, dei pacifisti che alzavano le mani e si ritrovavano la testa rotta. O quelle di Giuliano Giuliani che dimostra, immagini alla mano, che qualcuno, poliziotto o carabiniere non si sa, ha infierito con una pietra sulla testa di Carlo a terra in una pozza di sangue, non prima di avergli alzato il passamontagna dal viso.
Non è una novità, ma vista in tivù fa tutto un altro effetto. «E poi ora - spiega il padre del ragazzo ucciso in piazza Alimonda - nessuno potrà più dire di non sapere. Responsabile di quella vergogna è un uomo che rappresenta lo Stato. E io mi aspetto che la massima carica dello Stato, il presidente della Repubblica, dica qualcosa, chieda scusa». Che la puntata di "Blu notte", in onda domenica sera su Raitre, non sia stata indolore lo dimostra la veemenza delle reazioni marchiate centrodestra.
Parte lancia in resta l'ex presentatrice Elisabetta Gardini, ora berlusconiana, che parla di «campagna ideologica imbarazzante» e accusa Lucarelli di lavorare «al servizio della sinistra radicale». La segue a ruota Maurizio Gasparri, un altro che di tivù dovrebbe intendersene. Il giudizio è perentorio: «Un programma a senso unico, l´ultima chiara dimostrazione di come la tv pubblica sia diventata uno strumento di informazione di regime. Il colpo di stato in Rai si è compiuto».
Ma che cosa ha fatto, di così clamoroso, Lucarelli? Per capirlo bastava la sua premessa: una volta i fatti accadevano senza poter essere documentati, oggi un evento come quello di Genova viene ripreso, fotografato, registrato in ogni sua fase. Tutto quello che è successo è praticamente visibile. E allora tanto vale provare a mettere in fila il materiale e ricostruirlo. È quello che "Blu notte" ha cercato di fare. A partire dalla vigilia del G8, dagli allarmi sui possibili assalti con sangue infetto alle buste esplosive, fino alla notte della Diaz. Alternando immagini a testimonianze, analisi e opinioni.
«Di nuovo - sostiene Giuliano Giuliani - rispetto a tutto quello che è stato scritto e trasmesso, c'è la verità. Una verità difficile da trovare sulla stampa, merce ancora più rara in televisione. Al punto che molti mi hanno detto che, domenica sera, credevano di non essere neppure in Italia...». La trasmissione, in realtà, il padre di Carlo, l´ha seguita con molta tensione e un po' di preoccupazione. Ci aveva provato Giovanni Minoli, qualche mese fa, a rivitalizzare una vecchia inchiesta alla luce delle ultime evoluzione dei processi. Non era andata male. «Diciamo che ora è il numero due...»
Ma l'operazione di Lucarelli è sembrata di un'altra pasta. E non solo per l´inconfondibile ritmo della narrazione e la scenografia noir. Al di là delle valutazioni di parte. «La gente ha finalmente potuto vedere quello che è successo. Qualcuno può più avere dubbi sulla libertà di movimento dei black bloc? Non credo. Nel caso potrei aggiungere che stavo proprio ora risentendo un nastro in cui è conservata la prima comunicazione sulla presenza di quei ragazzi che stavano sfasciando tutto in piazza Paolo da Novi. È della 11.45. Si richiede l´intervento di un alto ufficiale dei carabinieri. Gli uomini arriveranno solo un'ora dopo. Ma credo che bastino le immagini di Lucarelli, che documentano anche le infiltrazioni».
Resta un altro mistero, forse meno impenetrabile e in qualche maniera incoraggiante: perché, sei anni dopo, i fatti del G8 continuano a suscitare tutte queste attenzioni? «Insomma, negli ultimi tre mesi abbiamo avuto la "confessione" di Fournier che ha parlato di "macelleria messicana" alla Diaz e siamo riusciti a sentire quella poliziotta che inneggiava all'"uno a zero per noi" alla notizia della morte di Carlo. Difficile fare finta di niente».