Dovevano raggiungere i black bloc che stavano devastando la zona di Marassi, e invece si fermarono a via Tolemaide e qui caricarono selvaggiamente il corteo delle tute bianche che marciavano in modo pacifico.
Il G8 di Genova, quello violento e illegale, comincia alle 14.30 del 20 luglio 2001. Tre ore prima che il corpo di Carlo Giuliani cadesse a piazza Alimonda.
A quell'ora la centrale operativa della Questura ordina al dirigente di Pubblica sicurezza Mario Mondelli, responsabile del III Battaglione Carabinieri Lombardia, di dirigersi verso piazza Giusti e poi a Marassi per sparpagliare i giovani incappucciati. Poco più tardi, la centrale operativa invierà come rinforzo contro i black bloc i reparti mobili di Firenze e Bologna, guidati da Pagliazzo Bonanno.
Operazioni di ordine pubblico, niente più e niente meno. Eppure accade qualche cosa di strano. Mentre Bonanno prende un'altra strada, al battaglione di Mondelli la centrale operativa consiglia un percorso lungo e illogico: 1,3 chilometri invece delle poche centinaia di metri necessarie. Dalla questura a piazza Giusti ci sarebbero almeno altri tre percorsi alternativi più brevi, eppure l'ordine è quello di attraversare via Tolemaide prima che passino le tute bianche. Perché? Disorganizzazione o malafede? Sta di fatto che il battaglione di Mondelli comincia a caricare i no global pestandoli a sangue con manganelli che non corrispondono con quelli normalmente in dotazione.
Di più: gli uomini di Mondelli fanno parte delle 5 Compagnie di Contenimento e Intervento Risolutivo (Ccir) in sperimentazione per la prima volta proprio durante il G8 di Genova. Quale intervento risolutivo, se i manifestanti stavano tranquillamente marciando in un corteo autorizzato?«Il mio obiettivo era quello di contenere l'irruenza dei manifestanti», si giustifica al processo Mario Mondelli.
Parole smentite dalle immagini che il Genoa Legal Forum, il collegio di avvocati che difende i manifestanti implicati nei fatti di Genova, ha voluto raccogliere in un video dal titolo O.P., che sta per Ordine Pubblico, mandato in onda ieri al Senato alla presenza di Heidi Giuliani, Giovanni Russo Spena (Prc), Mario Bulgarelli (Verdi,che marciava nel corteo delle tute bianche) e Silvana Pisa (Sd).
Quaranta minuti di filmati, ricostruzioni video, testimonianze nei tre processi ancora in corso, comunicazioni via radio delle forze dell'ordine, foto e materiale recuperato dai media che diedero la copertura al G8: tutto materiale depositato al processo sui "fatti di strada" che dovrebbe arrivare alla sentenza entro la fine dell'anno. Perché dell'irruzione alla Diaz e del sequestro alla caserma di Bolzaneto, al centro degli altri due processi che vedono imputati rispettivamente 28 e 45 responsabili e agenti delle forze dell'ordine, la difesa non possiede materiale video.
O.P. è costato tre anni di lavoro alla segreteria del Genoa Legal Forum, mai presentato al grande pubblico italiano e mostrato in anteprima a Berlino nei giorni antecendenti il G8 di Rostok.
Niente di nuovo, è vero.
Eppure fa effetto sentire la voce di Mondelli che ai giudici dichiara di aver caricato perché le tute bianche stavano lanciando «oggetti contundenti» ai carabinieri, mentre le immagini restituiscono un senso opposto: il battaglione arriva su via Tolemaide, fronteggia i dimostranti e con ferocia assale la testuggine di plexiglass alla testa del corteo lanciando il famigerato gas lacrimogeno Cs, vietato dal diritto internazionale ma legale per le operazioni di ordine pubblico.
«Questi filmati dimostrano che sono i manifestanti ad essere stati aggrediti, e non viceversa» ricorda Haidi Giuliani. «I 25 manifestati accusati di devastazione e saccheggio, e che oggi rischiano fino ai 10 anni di carcere, hanno invece agito per legittima difesa» dice Carlo Bachshmidt, tra i realizzatori del documentario e membro del pool di avvocati incaricati di difendere i no global.
Le forze dell'ordine dovevano garantire l'ordine pubblico, e invece hanno creato il caos. Il filmato è implacabile: i blindati che caricano i dimostranti e li rincorrono ad alta velocità fin sui marciapiedi («caricare con i blindati è un crimine» è la voce dell'ex capo della Digos di Genova Spartaco Mortola); giornalisti picchiati a sangue e allontanati dagli scontri; ma soprattutto il comandante del Battaglione Sicilia, Adriano Lauro, che da piazza Alimonda ordinò una carica contro le tute bianche di via Tolemaide e che è costretto ad ammettere, davanti al filmato mandato in onda al processo, di aver tirato un sasso contro i dimostranti. «Quell'agente sono io» dice Lauro.
Ma non spiega perché avesse deciso di caricare le tute bianche, visto che la situazione in piazza Alimonda era tranquilla. Non volava una mosca. Intanto, la centrale operativa cerca di mettersi in contatto con Mondelli per ordinargli di raggiungere piazza delle Americhe. Mondelli è irraggiungibile. Alla fine verranno arrestati dei dimostranti, ma gli unici a usare armi improprie sono i carabinieri che al posto dei "tonfa" d'ordinanza picchiano con spranghe di ferro avvolte da nastro isolante nero, reperite chissà dove.
«Chiediamo che emerga la verità». Haidi Giuliani torna a premere per la costituzione di una commissione di inchiesta, oggi più che mai dopo le dichiarazioni sulla «macelleria messicana» di Michelangelo Fournier, l'avviso di garanzia all'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e i poliziotti che nelle intercettazioni dopo la morte di Carlo lanciarono grida di giubilo: "Speriamo che muoiano tutti" e "uno a zero per noi". «A me pare che ci siano settori delle forze dell'ordine che si autonomizzano e assumono atteggiamenti fascisti, in contrasto con il giuramento alla Costituzione» commenta Russo Spena. Spena usa parola durissime contro il sindacato di polizia Coisp che il 20 luglio organizza una contro-manifestazione in piazza Alimonda con un dibattito dal titolo "L'estintore come strumento di pace": «Quella manifestazione non va autorizzata, è un attacco politico e una violazione giuridica». Il 13 luglio Prc e Pdci hanno depositato la proposta per una commissione d'inchiesta, ma soltanto alla Camera. «Vogliamo sapere le responsabilità politiche».