In anni lontani e felici, ero maestra in una scuola dell'estrema periferia sudovest di Milano. Fuori dal quartiere dormitorio, in terra di nebbia e di rane, famiglie senza casa immigrate dalla Puglia e dalla Sicilia avevano trovato rifugio tra le mura fradice d'acqua di qualche cascina abbandonata. Da lì venivano alcuni nostri bambini. Un giorno uno di loro viene casualmente ferito ad un occhio dalla matita appuntita di un compagno. La famiglia è irreperibile, per lo meno in tempi rapidi, l'occhio si gonfia, io affido la classe a una collega, prendo il bimbo piangente in braccio e con la mia poderosa cinquecento lo porto di corsa all'ospedale. Il mattino seguente, dopo essere passata a visitarlo per un supplemento di coccole, arrivo in classe. La direttrice mi manda a chiamare. «Ieri sono stata fortunata, mi dice con un sorriso appena entro nel suo ufficio, ...grazie a lei avrei potuto essere denunciata e finire in prigione» Capite? Non mi ha detto: «sciagurata di una maestrina irresponsabile, hai praticamente rapito un alunno, trasportato con un mezzo privato, rischiato di coinvolgerlo in un incidente d'auto, ricoverato senza l'autorizzazione dei genitori». Mi ha fatto capire: «sono la responsabile di questa scuola e rispondo personalmente di tutto quello che avviene qui».
Nessuno si è fatto avanti, mi sembra, per assumere responsabilmente il proprio ruolo nella tragica vicenda genovese di sei anni fa: nessun ministro, nessun politico, nessun capitano, generale o che so io. Ed è davvero difficile non pensare a precise responsabilità politiche, non immaginare un ruolo attivo della catena di comando, dal più alto livello ai dirigenti impegnati sul campo, per quanto riguarda il G8 del 2001. Basta ripercorrere il succedersi degli avvenimenti senza sforzarsi, come è stato fatto nella maggior parte dei casi più "coraggiosi", di derubricare il tutto sotto un'etichetta volutamente assolutoria, quella che si limita a denunciare alcuni aspetti di disorganizzazione.
Dopo la manifestazione dei migranti, che colora e rallegra la giornata di giovedì 19 luglio, nella notte vengono modificati gli ordini di servizio. Questa modifica avrebbe creato, secondo alcuni, a giudicare dalle relazioni di servizio, le cosiddette «difficoltà di collegamento» con le sale operative. Sono in particolare i reparti speciali dei carabinieri a distinguersi in interpretazioni autonome degli ordini impartiti dalle centrali, tanto autonome da risultare addirittura in aperto contrasto con le strategie di gestione dell'ordine pubblico. La più evidente di queste decisioni è l'attacco al corteo delle tute bianche ad opera di alcune centinaia di carabinieri agli ordini degli alti ufficiali presenti sul campo. L'attacco è a freddo, neppure motivato dalle scorribande dei cosiddetti black bloc (quelle avvengono prima, sotto gli occhi di nutriti reparti che, anche a breve distanza, non intervengono mai, inducendo il sospetto di una consapevole tolleranza). E' solo il caso di ricordare ancora una volta che quegli attacchi del tutto ingiustificati, ai danni di un corteo autorizzato, poi reiterati anche da reparti della polizia, sono stati all'origine degli avvenimenti che porteranno più tardi all'omicidio di Carlo. Si può parlare di un protagonismo repressivo dei reparti speciali dei carabinieri, quindi.
C'entra in qualche modo la presenza di rappresentanti del governo e di partiti della maggioranza di allora nei luoghi deputati all'ordine pubblico, e in particolare al Forte San Giuliano? Per non fare nomi, ci sono fra gli altri, Fini e Ascierto. E' questione che non si è mai voluta approfondire come invece sarebbe stato, ed è ancora, necessario. Sabato 21 luglio, dopo l'omicidio di Carlo e i cori di giubilo che si sono levati dove erano acquartierati i colleghi degli occupanti la jeep (quei cori hanno preceduto di ventiquattr'ore le eleganti e ormai note dissertazioni calcistiche della poliziotta), i carabinieri vengono ritirati all'interno della zona rossa e il protagonismo repressivo passa nelle mani, e nei tonfa, dei reparti mobili della polizia e di alcuni reparti di finanzieri. Gli attacchi al corteo in corso Italia, dopo le prevedibili e tollerate incursioni di un numero di black bloc molto ridotto rispetto alla giornata precedente, restano documentati in shoccanti servizi di allora, resi da giornalisti che evidentemente considerano prioritario il dovere di informare sul più facile e remunerativo inchino al potere.
E' malizioso pensare che questo protagonismo possa derivare dalla preoccupazione del capo della polizia di vedersi messo in discussione dallo sviluppo degli avvenimenti del giorno prima, avvenimenti che le forze da lui dirette non avevano gestito direttamente, in prima persona? E' questione che non si è voluta approfondire come sarebbe stato necessario e doveroso, se la fretta promozionale non avesse avuto il sopravvento. Lo si può fare ancora, anche, forse, in un'aula di tribunale, per fatti connessi.
Ma restando ad allora, c'è da porsi qualche altra domanda. A Genova, di tutto il gruppo dirigente centrale della polizia mancano solo Manganelli (in vacanza, si dice, ma in frequente collegamento telefonico con gli altri, come è dimostrato), La Barbera e De Gennaro. Improvvisamente, alle cinque del pomeriggio, quando i pestati e gli scampati alle cariche e alle botte stanno faticosamente rientrando nei loro luoghi di residenza, proprio La Barbera arriva a Genova e assume il comando delle operazioni, sostituendo la gerarchia insediata (Ansoino Andreassi verrà addirittura rimosso dall'incarico e parcheggiato al Sismi in attesa della pensione).
Perché? Da La Barbera non lo sapremo mai, muore l'anno dopo. Ma i suoi colleghi hanno già provveduto ad attribuire a lui tutte le responsabilità di ciò che succede dopo le cinque del pomeriggio. E ciò che succede, in particolare, è la "macelleria messicana" alla Diaz. «Bisogna arrestarne più che si può», è la voce corrente. Perché? Se ne potrebbe parlare con calma in una Commissione d'inchiesta? E' troppo chiederlo? E' troppo chiedere che qualcuno si assuma le responsabilità derivanti dal proprio ruolo? O lo possono fare solo insegnanti, direttrici scolastiche, presidi...?
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Settimanale di Liberazione sul G8 (195 Kb - Formato PDF) |
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