Le implicazioni terribili dell'uranio impoverito sono già sulla scrivania del neoministro della difesa. Ci ha pensato l'Anavafaf, associazione che si batte per i diritti delle vittime arruolate e dei loro familiari, indirizzando a Parisi un appello perché non dimentichi i soldati ammalati e le famiglie di quelli deceduti «che non hanno ricevuto alcun indennizzo - scrive Falco Accame - né morale, né materiale, dallo Stato». Eppure ci sarebbero due leggi, la 308 del 1981 e la 280 di dieci anni più tardi, che prevedono gli indennizzi sia per il personale di leva sia per gli effettivi. Invece, Via XX Settembre, in questi ultimi anni, ha interpretato in maniera restrittiva ed erronea quelle norme. A ricevere gli indennizzi, ancora fermi ai 50 milioni di lire stabiliti alla fine degli anni '70, epoca in cui fu formulata la prima proposta di legge, sono stati solo i familiari dei soldati di leva. E neppure si conosce l'elenco dei destinatari, né degli aventi diritto, nonostante le ripetute richieste da parte dell'associazione che s'è rivolta anche ai capi dello Stato. In due risposte a familiari richiedenti, la direzione generale del Personale militare del ministero della Difesa, conferma (prima nel luglio del 2003, poi nell'ottobre di due anni dopo) che quei soldi spettano anche ai soldati in servizio permanente effettivo «non più solo» a quelli di leva. Altrimenti ne andrebbe dell'incostituzionalità della norma.
Secondo le stime di Falco Accame, ex ammiraglio, poi presidente della commissione difesa a Montecitorio, dal '69 sono almeno 10mila gli infortunati gravi e i caduti in tempo di pace, si sarebbe detto, prima del controverso "nuovo modello di difesa".