L'Ana-Vafaf è venuta a conoscenza di 50 casi di deceduti per possibile contaminazione da uranio impoverito e ne ha pubblicato il nome in un dossier presentato in pubblico (con l'esclusione di due casi per i quali i familiari hanno esplicitamente richiesto l'anonimato indicando però una iniziale per il nome e cognome).
Se invece i morti sono 150 e gli infermi circa 2.000 si rendano noti i nomi che danno luogo a queste cifre si comunichino, se vi sono motivi di privacy, ad un organo costituzionale che ne garantisca allo stesso tempo la non-divulgazione e la possibilità di verifica dell'esattezza. Già la scorsa Commissione di Inchiesta del Senato ha lamentato la grave insufficienza nella esattezza dei dati, in quanto senza dati è impossibile qualsiasi valutazione statistica del fenomeno.
Il Ministero della Difesa (ma vi sono anche non militari coinvolti, come ad esempio i Vigili del Fuoco o personale della Croce Rossa) conosce ovviamente tutti i casi di chi è morto per sospetta contaminazione e tutti i casi dei malati che si sono rivolti alle strutture sanitarie militari.
La Commissione di Inchiesta del Senato, anche accogliendo la denuncia della precedente Commissione, ha il dovere e il potere di ordinare al Ministero della Difesa di rendere noto l'elenco nominativo di cui dispone per far luce sulla reale entità del fenomeno e se neppure questo è possibile che sia il Capo dello Stato ad intervenire.
Di certo sappiamo solo una cosa: abbiamo avuto vittime di possibile contaminazione dalla guerra del Golfo del 91 alla operazione Ibis in Somalia nel 93, alle prime operazioni in Bosnia nel 94. Gli Stati Uniti hanno emanato le norme di protezione il 14 ottobre 93, i nostri reparti hanno avuto cognizione dei pericoli il 22 novembre 99, cioè per 6 anni sono rimasti MILITI IGNARI dei pericoli che correvano. Lo strumento di localizzazione usato, l'RA 141 B, si è a posteriori dimostrato assolutamente insufficiente alla localizzazione si che non ci si è accorti di oltre 10.000 proiettili all'uranio in Bosnia.
Nei poligoni molti militari sono morti o si sono ammalati dopo aver raccolto a mani nude residuati bellici. A Salto di Quirra sono state rifiutate alla Commissione le sperimentazioni eseguite da ditte italiane ed estere. E' stato dichiarato che nei poligoni italiani non sono state impiegate armi all'uranio impoverito. Se le verifiche sono state fatte con l'intensimetro RA 141 B, questa affermazione è priva di significato.
E non si può mantenere il segreto su sperimentazioni dove può essere stata messa a rischio la vita degli uomini, degli animali e dell'ambiente. Irrisori (come ha affermato ad esempio il sindaco di Venezia Cacciari) i risarcimenti concessi alle vittime e ai familiari: una pensione di 258 euro al mese (casi Melis e Porru), un totale di 17.000 euro (caso Campagna). Le autorità interessate si vergognino di quanto sta accadendo che è indegno di un paese civile.