La droga e l'alcool non c'entrano con la morte di Federico Aldrovandi, ucciso a Ferrara in un misterioso e violentissimo controllo di polizia il 25 settembre del 2005. Quattrocentoundici giorni dopo lo spiega finalmente la superperizia autoptica depositata venerdì al tribunale estense in attesa dell'incidente probatorio (che è stabilito per giovedì prossimo ma potrebbe slittare di un paio di settimane). Le analisi tossicologiche, ripetute nei laboratori olimpici per il doping olimpico, non hanno trovato tracce di chetamina e viene ridotta la dose di oppiacei, già modesta nella prima perizia. Federico aveva in corpo un decimo di quello che si pensava e che già non era sufficiente a spiegare il decesso. «Dopo mesi di faticosa dialettica, a volte di polemica, con ufficio del pm, viene spazzata via finalmente l'ipotesi di droga - dice a Liberazione, Fabio Anselmo, uno dei legali della famiglia Aldrovandi - adesso sarà impossibile astrarre la morte dalla colluttazione con gli agenti di quella maledetta notte». Di tutt'altro avviso il difensore di uno degli agenti: «Non vi sarebbe stata inferenza alcuna sia delle percosse sia del contenimento da parte degli agenti», dice Gabriele Bordoni, del foro Bologna e difensore di uno solo degli agenti. Nelle 34 pagine della relazione compilata da Roberto Testi ed Emanuele Bignamini, i periti dell'Asl 3 di Torino nominati dalla gip Silvia Giorgi, il legale bolognese vi legge «un episodio particolare, una sindrome reattiva conosciuta in ambito forense. Ha un nome americano che traduciamo come "sindrome da risposta a particolare stess emotivo", simile ai casi di choc anafilattico». Una reazione talmente abnorme, «una sorta di collasso» che sarebbe dovuto a un cocktail tra la predisposizione fisica, la bradicardia, il crollo della pressione, la depressione respiratoria, indotti da stress, fatica, alcool, stupefacenti e, vivaddio dalla «concitazione durante la colluttazione». La difesa sembra convinta che gli agenti sarebbero intervenuti nei limiti della legge, in maniera «non esuberante». Una tesi, però, già smentita dalla testimonianza, sempre in sede di incidente probatorio, di una cittadina camerunense che ha raccontato le modalità della parte finale del "controllo di polizia" (ciò che avvenne nei 30-40 minuti precedenti è ancora sconosciuto): Federico andò a terra in un attimo sotto una gragnuola di manganellate - due sfollagente tornarono in centrale a pezzi - tirate da tutti i componenti degli equipaggi delle due volanti.
Il vero problema è che le nuove carte parlerebbero di ipossia, un'improvvisa insufficienza della funzione cardiorespiratoria, un evento clinico che la casistica specializzata individua come "excited delirium syndrome", una variante di quella asfissia posturale di cui aveva parlato la perizia disposta dalla famiglia (ma anche quella chiesta dalla prima pm, pur enfatizzando il ruolo della droga, non riuscì a occultare le conseguenze emotive e fisiche del "contatto" con i poliziotti) e che puntava l'indice sulla compressione toracica alla quale Federico fu sottoposto per diversi minuti. Federico, infatti fu trovato in un lago di sangue, faccia a terra e con le manette strette dietro la schiena. Ma, da quello che è possibile capire dalle anticipazioni, la perizia lascerebbe campo libero alle valutazioni. Insomma sarebbe una perizia "congetturale" che non svolge bene la sua funzione: «Lo scenario rimane aperto - dice un altro legale degli Aldrovandi, Alessandro Gamberini, ripreso da un sito ferrarese, Estense. com - si parla di ipossia che verrebbe ricondotta a un problema funzionale di agitazione psicomotoria piuttosto che alla postura assunta durante il contenimento. Ma qui la perizia cerca una "via di fuga" dalla responsabilità degli agenti attraverso una pura congettura. Nulla esclude infatti che Federico sia stato vittima di un contesto che lo vedeva sottoposto a pestaggio e compressione; ecco allora che lo stato di agitazione estremo potrebbe aver portato all'asfissia».
Ora tocca al gip e al pm Nicola Proto che decideranno per l'archiviazione o il rinvio a giudizio. «La morte di Federico viene descritta con un nome in inglese che significa "mancanza d'aria dovuta all'agitazione" - scrive sul suo blog Patrizia Aldrovandi che ieri sera era a Como con Haidi Giuliani e la mamma del writer cingalese ferito alla testa dalla revolverata di un vigile-sceriffo - si era forse agitato da solo? Lo si vede dalle foto perchè fosse agitato! E le testimonianze hanno completato la descrizione: era il terrore di un ragazzo sopraffatto da quattro adulti violenti e addestrati che lo stavano uccidendo! Gli hanno fatto del male, quelle ferite e quei calci alla testa e allo scroto e i pugni e le manganellate in tutto il corpo gli hanno procurato un dolore fisico terribile. Lo hanno ucciso nel dolore e nel terrore».
Checchino Antonini