«Un attimo, li ho visti tutti sopra di lui con il bastone che lo picchiavano». Inizia così il lungo racconto di Anne Marie Tsagueu, la testimone chiave nell'indagine sulla morte di Federico Aldrovandi. La trentacinquenne camerunense ha deposto la sua testimonianza in incidente probatorio lo scorso 16 giugno, di fronte al gip Silvia Giorgi, al pm Nicola Proto e agli avvocati di accusa e difesa. Stessa sorte è toccata ieri a suo figlio, che ha confermato quanto sostenuto da Anne Marie: lui non ha visto nulla, si è affacciato al balcone che tutto era già finito. E' stata sua madre ad assistere alla scena cruciale di quello che a tutti gli effetti, stando al racconto della donna, può essere definito un pestaggio. Ma dalla testimonianza di Anne Marie, che da qualche tempo ormai non vive più a Ferrara, emergono particolari interessanti anche su come sono state condotte le indagini nei mesi immediatamente successivi alla morte di Federico.
«Io ero in camera che stavo dormendo con mio figlio», racconta la donna che il 25 settembre abitava ancora nell'appartamento al primo piano di via dell'Ippodromo a Ferrara. A svegliarla sono le luci dei lampeggianti, insistenti. Si alza per vedere che succede, prova dalla finestra del bagno, ma non si vede niente, passa quindi in cucina e si piazza sul balcone. E' da questa posizione che assiste a tutta la scena, anche se non sa quantificare quanto tempo dura: «Quando io ero là non è che andavo a cercare le ore... forse lei al mio posto avrà visto i minuti, i tempi e tutto», risponderà irritata a un avvocato che difende i poliziotti durante il serrato controesame. Dalle risposte di Anne Marie si capisce che la donna è una tipa tosta: nonostante i problemi con la lingua italiana sa farsi rispettare anche dagli avvocati, che durante l'interrogatorio utilizzano tutte le armi del mestiere e cercano di farla cadere in contraddizione. Ma lei ribatte colpo su colpo e insiste soprattutto su un particolare. I poliziotti «picchiavano e picchiavano», ripete in diversi passaggi.
Dal suo balcone, una volta che Federico viene sbattuto a terra, riesce a vedere soltanto i suoi piedi e le ginocchia: il resto della visuale è ostruita dalle macchine della polizia e dalla presenza degli stessi agenti. Ma intanto assiste al passaggio cruciale: l'atterramento del ragazzo. E a quella mossa che fa una volta raggiunti i poliziotti «un movimento così» dice Anne Marie, mimando alla «platea» quello che ha visto. «E' una sforbiciata», suggerisce il pm. «Sì - dice Anne Marie - era l'unica cosa che ha fatto lui». «Ha visto il ragazzo salire sul cofano della macchina?», chiede il pm. «No, no», risponde Anne Marie, più di una volta. Eppure, secondo la ricostruzione dei poliziotti, quando Federico si avvicina alle due volanti «ruotava su se stesso», urlava frasi senza senso, era in evidente stato di agitazione psicomotoria e cercava di colpire qualunque cosa gli capitasse a tiro. Nulla di tutto ciò vede Anne Marie, che descrive il passo di Federico «deciso», ma durante il controesame degli avvocati si rifuta di definirlo «aggressivo».
Dopo la sforbiciata, «vedo i poliziotti, tutti come le formiche che sono già là per... con i bastoni che arrivano qua che fanno così per picchiarlo», racconta la donna. Vede un poliziotto che gli prende i capelli, e subito dopo il ragazzo cadere a terra. Anne Marie osserva allora che i poliziotti si sono «come ripartiti in quattro»: il poliziotto donna tiene i piedi di Federico, un altro agente gli tiene ferme le cosce, e l'altro «sulla parte superiore», cioè sul torace. Il quarto poliziotto, invece, «era in movimento e libero». Ogni tanto, entra nella sua macchina «ogni tanto che esce lo picchia, lo picchia», «lo tempesta con i piedi». «Che significa?» chiede il pm. «Lo picchia lo picchia tanto». Cioè lo riempie di calci sulla testa (il che coincide con la perizia medica). «Ed a questo punto - continua la testimone - che dopo un po' il ragazzo non si muove più». Federico è ancora a pancia in su: Anne Marie, infatti, vede le punte delle scarpe rivolte verso l'alto.
Il pm cerca anche di controllare la credibilità della teste, ricordandole che non era stata altrettanto precisa nei precedenti interrogatori, e che anzi nel primo verbale - quello stilato dai poliziotti subito dopo la morte del ragazzo - aveva addirittura sostenuto che Federico prendeva a calci la polizia. Anne Marie spiega di aver detto tante cose per evitare «di tirare in ballo i poliziotti», «non mi ritenevo di poter dire certe cose, attaccarli», per paura di non poter rinnovare il permesso di soggiorno. Ma sul particolare dei calci specifica che «quella mattina dico a questo poliziotto: ho visto il ragazzo fare così (la sforbiciata, ndr). Lui mi dice: picchiare?». Ed è questa versione che finisce nel verbale.