Madre e figlio, entrambi testimoni oculari del controllo di polizia - tanto misterioso, quanto violento - durante il quale perse la vita Federico Aldrovandi. Diciotto anni, incensurato, disarmato, solo. I due saranno ascoltati la mattina del 16 giugno nella procura di Ferrara. Mentre a Roma, venerdì sera, c'erano duecento persone, con le fiaccole accese, ad ascoltare la voce di Patrizia Moretti, la madre dell'"Aldro"; a Ferrara, la gip Silvia Giorgi accoglieva la richiesta del pm Nicola Proto di procedere con un incidente probatorio nell'inchiesta per omicidio preterintenzionale che vede quattro agenti indagati, ossia gli equipaggi delle due volanti intervenute all'alba del 25 settembre 2005 in Via Ippodromo. L'incidente probatorio, ossia l'anticipazione della formazione della prova, prevede anche la ripetizione dell'autopsia. Incaricati Roberto Testi, medico legale e il tossicologo Emanuele Bignamini, entrambi torinesi, perché le prime perizie non avrebbero esplorato «se la colluttazione abbia avuto efficacia concausale, unita ad altri fattori preesistenti e concomitanti o susseguenti nel determinare la morte del ragazzo». Due manganelli, quella mattina, furono riportati rotti in centrale ma i periti del pm, in prima battuta, avevano enfatizzato il ruolo del blando mix di sostanze rintracciate nel sangue del ragazzo, pur non tacendo del tutto le conseguenze delle modalità "energiche" del fermo di polizia. La perizia della parte civile, al contrario, ipotizzava l'asfissia posturale che avrebbe ucciso un ragazzino, come racconta qualche testimone, ammanettato con le mani dietro la schiena, un manganello sotto la gola e tenuto per i capelli. Forse scambiato per un migrante e sottoposto al trattamento "normalmente" subito dagli extracomunitari. I medici del 118 lo trovarono già privo di vita. Il fratello del padre lo scoprì sfigurato, quando gli toccò di riconoscerlo all'obitorio. Per chiedere verità e giustizia sono nati comitati spontanei a Bologna, Senigallia, Roma, in internet e a Ferrara. Si dice che venerdì sera, gli agenti della digos di servizio al sit-in, si siano scusati con Patrizia Moretti.