E' racchiusa in una quindicina di pagine la replica dei periti della famiglia Aldrovandi alle conclusioni dei consulenti del pm sull'autopsia del ragazzo morto durante un misterioso quanto «partecipato» (leggi energico) controllo di polizia. Stamattina i legali, Fabio Anselmo e Riccardo Venturi, presenteranno quei risultati ottenuti da una analisi "storico-circostanziale" forse più incisiva di quella presentata la scorsa settimana, con gran clamore, dal procuratore capo di Ferrara, Severino Messina. Se davvero quelle carte, un centinaio di pagine riassunte per la stampa dalla procura con un taglia e incolla di una paginetta, sembravano scritte senza tener conto delle testimonianze scaturite nelle indagini, oggi si potrebbe sapere di più sugli ultimi istanti di vita di Federico Aldrovandi, presentato dalla questura più o meno come un tossicodipendente aggressivo contro se stesso e contro gli altri, che sarebbe morto per infarto (insufficienza miocardica contrattile acuta) in seguito, secondo i periti del pm, a una crisi respiratoria indotta da un blando (a detta della perizia tossicologica) mix di oppiacei, chetamina e alcool che si «sommava agli eventi stressogeni a franca impronta emotiva e fisica che si instauravano in occasione del successivo intervento delle forze dell'ordine». Per la polizia questa spiegazione sarebbe sufficiente a scagionare chi, tra i quattro agenti intervenuti all'alba del 25 settembre scorso in Via Ippodromo, immobilizzò con la forza - due manganelli tornarono a pezzi in centrale - un ragazzo che, secondo testimoni ascoltati dal pm, chiedeva solo di farla finita con un trattamento violento che non lo faceva respirare («una condizione di ridotta escursione dei movimenti respiratori della gabbia toracica», recita la perizia della pm). Dunque non fu overdose, come s'è cercato di far intendere nelle ore immediatamente successive, e neppure malore fatale come suggeriva il maldestro mattinale della questura immediatamente dopo i fatti. I racconti, sia diretti che indiretti, raccolti nelle indagini, hanno descritto una scena molto diversa da quella fornita dai contraddittori rapporti di servizio e dalle dichiarazioni alla stampa del questore.
Nelle stesse ore in cui la procura spediva a numerosi giornali l'intimazione di comunicare gli estremi di chi scriveva sul caso Aldrovandi, il leader di un sindacato di polizia, il Sap, sputava accuse di fuoco a un'intera città colpevole di non schierarsi, a prescindere, con la versione ufficiale delle forze dell'ordine. Ironia della sorte, nella non lontana Sassuolo (Modena), un video immortalava alcuni carabinieri, subito sospesi, mentre infieriscono su un marocchino sans papiers dopo l'arresto.
Tra i bersagli di Gianni Tonelli, segretario del Sap, legato per il passato servizio alla città estense, c'è il sindaco Sateriale, diessino, ex sindacalista, che, in occasione della recente festa della polizia municipale aveva domandato rapide e trasparenti indagini sulla «morte violenta» di un diciottenne incensurato e pacifico. Per l'accusa di scarso senso delle istituzioni da parte di Tonelli, leader di un sindacato che fu tra i più cauti, come ricordano i cronisti anziani, ai tempi della Uno bianca, la banda di assassini e rapinatori, guidata da "mele marce" della polizia, che scorazzava non lontano da Ferrara. I cronisti più giovani, invece, ricordano l'orgoglio di alcuni iscritti al Sap emiliano ai tempi del G8 quando sfoggIavano una maglietta con su scritto "Genova 2001: io c'ero" con su una foto della mattanza immane definita, da Amnesty international, come la più grave violazione dei diritti umani dal '45.
Proprio ieri, il sindaco ferrarese ha risposto in consiglio a una interpellanza della sua maggioranza che riprendeva quella presentata dal Prc a metà gennaio. Le destre, anche loro accusate di lassismo da Tonelli, non hanno presenziato al question time. Il primo cittadino ha ripetuto dai banchi «piena solidarietà e il pieno appoggio alla famiglia Aldrovandi, nella sua ricerca della verità sulla morte di Federico e, nello stesso tempo, la piena fiducia nella magistratura inquirente». Il «rispetto reciproco», per Sateriale, è «fondamento di una coesione sociale e istituzionale, patrimonio più prezioso di una comunità». E a chi gli rimprovera la definizione di «morte violenta», ribatte con la considerazione che anche un incidente stradale è tale e che una morte traumatica «non è naturale». Poi ribalta l'accusa di sciacallaggio, mossa da Tonelli, a chi «si è permesso di sostenere che la tragica morte di Cristiano Scantamburlo (carabiniere ucciso nel ferrarese da un evaso arrestato dopo una perquisizione, pare, approssimativa, ndr) è dipesa dal "clima pesante" che si è creato in città per il caso Aldrovandi» ma sarebbero sciacalli anche coloro che hanno descritto la sua città come «nebbiosa e omertosa». Speriamo davvero che il sindaco non si riferisca alle inchieste giornalistiche che hanno messo in evidenza la difficoltà nel fare emergere le testimonianze ma hanno innescato il circuito virtuoso di informazione e solidarietà che ha stimolato quelle «fiaccolate pacifiche» che proprio Sateriale definisce svolte da chi «non chiede che di essere compiutamente informata di quanto è accaduto la mattina del 25 settembre. Noi resteremo fermi nella posizione di chi vuole tutelare una comunità e continueremo a testimoniarne la richiesta di verità. Fatti così traumatici e immotivati non debbano più accadere».
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