I poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi stanno tornando in servizio dopo aver scontato sei mesi di detenzione e altri sei come sospensione dal servizio. E la famiglia del ragazzo ucciso a Ferrara, che da sempre ne chiede la radiazione, non è stata contattata per esserne informata dalla Polizia o dal ministero dell'Interno. Lo ha spiegato all'ANSA la madre, Patrizia Moretti, che alla domanda se una chiamata se l'aspettava risponde: «Beh, effettivamente sì».
«Conoscenza diretta non ne abbiamo - spiega Moretti riguardo al fatto se i quattro siano già tornati al lavoro - sappiamo che i tempi sono questi, tra fine gennaio e inizio febbraio, ma in realtà le notizie le ho più dai giornalisti che non dalla fonte. Con i nostri avvocati avevamo fatto una richiesta di accesso agli atti presso i vertici della polizia per vedere i loro provvedimenti disciplinari, ma ci è stata negata. Perchè, ci hanno detto che ai sensi di legge non siamo 'diretti interessati». E la donna ribadisce che, invece, una comunicazione in questo senso se la sarebbe aspettata. «L'ultimo ministro con cui abbiamo parlato era Cancellieri. Allora era ministro dell'Interno. Si era in parte impegnata a seguire attentamente la vicenda, poi ha cambiato ministero... Il problema è che cambia politico e non c'è più modo di proseguire il dialogo e non hai più un interlocutore».
Nemmeno i quattro agenti hanno provato a contattare la famiglia, spiega Moretti, che aggiunge: «mai, mai assolutamente». Quanto al fatto che non sia possibile la radiazione dalla polizia per condanne per reati colposi, la madre di Federico ribadisce quanto lei e il padre, Lino Aldrovandi, hanno sempre sostenuto: «in tutte le sentenze che si sono succedute, in particolare la prima, hanno sancito che non è stato possibile arrivare ad una pena maggiore a causa degli insabbiamenti dei colleghi. Io ho letto il regolamento della polizia - rimarca -: la radiazione anche è prevista per il disonore alla divisa. E questo per me è alto tradimento. Basta leggerle le cose, basta volerle applicare, per me gli appigli ci sono. Ma forse non vogliono farlo». «Qui non ci siamo solo noi - è la sua conclusione - ma è una questione che riguarda tutti, riguarda quello che decide di fare una istituzione di fronte ad una condanna per omicidio».