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Aldrovandi, fine pena per gli agenti
Checchino Antonini
29 luglio 2013

Fine pena per tre dei quattro agenti condannati per il caso Aldrovandi, ossia per aver ucciso un diciottenne che non stava commettendo alcun reato nel corso di un violentissimo controllo di polizia a Ferrara il 25 settembre 2005. In pochi minuti, come risulta dagli atti di indagine, venne anche messo in piedi un castello di depistaggi smontato solo dall'ostinazione di una famiglia incredula e dalla sua faticosa controinchiesta. Però per Franco Maccari, segretario generale del Coisp, sindacato Indipendente di polizia è «un giorno speciale. Non solo perchè finalmente torneranno completamente liberi i colleghi travolti dalla drammatica vicenda, ma anche perchè registreremo il primo caso in Italia di condannati per mera colpa che scontano fino all'ultimo secondo della loro pena non in libertà. Finalmente la storia ha trovato qualcuno a cui far sentire tutta la severità della legge che diventa spietatezza; quando si deve rispondere all'onda emotiva che si leva dalla piazza ed alla voglia di vendetta di qualcuno che evidentemente conta più degli altri». E' utile capire che la «spietatezza» riguarda solo uno scampoletto dei tre anni e sei mesi, la mite pena riservata ai quattro poliziotti che mai hanno trovato in otto anni una parola di ravvedimento e che proprio per questo, dal tribunale di sorveglianza di Bologna, si sono visti rifiutare l'affidamento in prova ai servizi e i domiciliari per la ventina di settimane di prigione rimaste visto che tre anni se l'era mangiati l'indulto.

Saremmo ingenui a credere che il conducator del Coisp non abbia letto le quattro pagine della Sorveglianza di Bologna che concludeva così: «Non riesce il tribunale a individuare qualsivoglia elemento di meritevolezza atto a sostenere la concessione e poi la corretta fruizione, ai fini rieducativi, dei benefici penitenziari». Ma quel sindacato ha scelto, sconfessato anche da altre sigle del comparto, di condurre una campagna di proselitismo sul filo della provocazione ai familiari delle vittime (si ricordino le manifestazioni di fronte all'ufficio di Patrizia Aldrovandi, le dichiarazioni contro Ilaria Cucchi e contro i genitori di Carlo Giuliani) e dell'intimidazione ai danni dei pochi giornalisti che osservano fatti di questo tipo con gli occhi delle vittime e senza le lenti deformanti dell'ideologia sicuritaria.

Ricapitolando, Paolo Forlani e Luca Pollastri, due dei quattro, usciranno dal carcere mentre gli altri due colleghi Monica Segatto ed Enzo Pontani erano già ai domiciliari per i sei mesi di pena residua, dopo l'applicazione e lo sconto dell'indulto alla pena base. Per Pontani la condanna esecutiva e la conseguente carcerazione scattò quasi un mese dopo gli altri, per un cavillo tecnico, perciò la libertà arriverà a fine agosto.

Scatta ora la sospensione di sei mesi dal servizio ma per i quattro agenti è ancora pendente il giudizio davanti alla Corte dei Conti dell'Emilia-Romagna, poiché la procura regionale della magistratura contabile contesta ai quattro poliziotti un'ipotesi di danno patrimoniale per il risarcimento che il ministero dell'Interno ha pagato ai familiari del giovane ferrarese: una cifra che si avvicina ai due milioni di euro motivata dai danni materiali e di immagine che vi sarebbero stati per la polizia e l'istituzione.

L'interrogativo è sul destino dei quattro: resteranno in servizio riprendendo a scorazzare con la volante nelle notti ferraresi o di altre città oppure saranno destituiti perché la legge che fornisce il regolamento della polizia stabilisce proprio quel tipo di provvedimento per chi disonora la divisa. Spiega Patrizia Moretti, la mamma di Federico, a Popoff che giustizia sarà fatta solo quando non saranno tollerati più atteggiamenti del genere. Quando la polizia non li avrà più nel proprio dna e potrà essere vicina alla gente. Senza ammazzarla.