Le violenze subite da Federico Aldrovandi "sono qualificabili come tortura". A fare questa "doverosa considerazione" è stato il collegio del Tribunale di sorveglianza di Bologna, nell'ordinanza con cui ieri ha rigettato il reclamo presentato da Paolo Forlani, uno dei quattro agenti condannati a tre anni e sei mesi (ridotti a sei per l'indulto) negandogli ancora una volta la scarcerazione e la concessione dei domiciliari.
Sebbene tecnicamente l'imputazione per il caso del diciottenne morto per le botte il 26 settembre del 2009 sia stata formulata come eccesso colposo in omicidio colposo, "essa è qualificabile come fatto integrante gli estremi del crimine di tortura secondo la definizione recepita nel diritto consuetudinario e in Convenzioni cui l'Italia ha aderito, pur essendo rimasta inadempiente riguardo agli obblighi di adattamento interno".