E' attesa per martedì la decisione del Tribunale di sorveglianza del capoluogo emiliano presieduto da Francesco Maisto che dovrà decidere se i quattro poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, il diciottenne di Ferrara ucciso nel settembre del 2005, dovranno andare in carcere oppure, accogliendo le richieste dei difensori, dovranno essere affidati in prova ai servizi sociali o, come misura intermedia, alla detenzione domiciliare.
La cosa certa è che Enzo Pontani, Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri, qualunque sia la decisione del giudice, dovranno lasciare il servizio visto che anche il più lieve affidamento in prova, entrerebbe in conflitto con la figura di un rappresentante delle istituzioni.
Intanto Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, si troverà a vivere a Mantova, il 25 gennaio, un'esperienza nelle aule di tribunale a ruoli ribaltati: è imputata di diffamazione a mezzo stampa, accusata da Mariaemanuela Guerra, prima pm dell'inchiesta sulla morte di suo figlio che condusse in quei primi sei mesi l'inchiesta per poi lasciarla al collega, Nicola Proto che diede nuovo impulso a una vicenda che rischiava di finire invisibile nelle nebbie ferraresi e che, invece, ha avuto l'esito clamoroso di quattro condanne definitive proprio per l'ostinazione della famiglia, di legali in gamba, di settori della magistratura con la schiena dritta e di giornali come Liberazione che portarono alla ribalta la controinchiesta.
«Su questo processo di Mantova - spiega Patrizia - ci siamo detti mille volte le stesse cose, non voglio fare valutazioni tecniche, non è il mio ruolo: per quel che riguarda la querela presentata contro di me e i giornalisti che hanno riportato le mie dichiarazioni, dico che ho raccontato quello che accadeva via via nelle aule dei processi, ho spiegato i fatti per come li vedevo io, mi dispiace umanamente essere ancora qui a discutere di queste cose. La pm Guerra, nel suo ruolo e nella sua posizione, allora oltre 7 anni fa, avrebbe avuto la possibilità, se avesse compiuto gli atti nel modo giusto, di evitare questa cosa pazzesca e dolorosissima. Ancora oggi non trovo spiegazioni a tutto questo, al processo».
Il 25 gennaio parleranno come testimoni tutti i protagonisti di questa vicenda, i magistrati - Caruso, Minna, Bighetti, Proto, Ghedini - e il sindaco Tagliani, tra i tanti. Forse a Mantova sarà possibile capire uno dei punti misteriosi di quella mattina di settembre in cui fu ucciso Aldro: perché la pm non andò sul luogo del delitto e lasciò che la polizia si occupasse di un delitto commesso da altri poliziotti.
«In aula avremo l'occasione - spiega la Moretti - di confrontarci una volta per tutte e una volta per tutte chiederò ancora che lascino stare me e la mia famiglia. Nessuno ha mai voluto diffamare, abbiamo solo criticato l'operato di un magistrato, critiche confermate da tanti altri giudici». Negli atti giudiziari, oltre i nomi degli imputati Paolo Boldrini e Daniele Predieri, compare ancora quello di Marco Zavagli, che era stato scambiato con Alessandra Mura, ritenuto dalla procura mantovana uno pseudonimo: errore che pur registrato non è ancora stato corretto. Sarà la prima cosa che farà la giudice Giuditta Silvestrini.