Nessuno sconto di pena ai quattro agenti che all'alba del 25 settembre di sei anni fa fermarono Federico Aldrovandi che, pochi minuti dopo questo misterioso e violentissimo controllo di polizia, sarebbe morto col cuore spezzato e cinquantaquattro lesioni sul corpo. La corte d'Appello di Bologna ha confermato ieri, in fondo a tre ore di camera di consiglio, la pena sancita in primo grado dal tribunale di Ferrara per la morte di un diciottenne che non stava commettendo alcun reato, le cui ultime parole - riferite da una testimone coraggiosissima - furono una straziante richiesta d'aiuto formulata proprio a chi gli stava addosso impedendogli di respirare. E che, poco prima di buttarlo a terra, gli aveva spezzato in faccia e sul corpo due manganelli mentre, nelle ore successive all'omicidio colposo, si sarebbe dedicato, con altri pezzi della questura estense (poi condannati in un'inchiesta parallela), a costruire una versione ufficiale che celasse le loro condotte delittuose.
Il tribunale ferrarese aveva condannato a luglio 2010 i quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri a tre anni e sei mesi di reclusione per l'eccesso colposo nell'omicidio colposo, si perdoni il bisticcio di parole, di Federico Aldrovandi. E così ha confermato la corte d'appello bolognese. In aula una piccola folla nella quale spiccavano Lino e Patrizia, i genitori di Federico, Stefano, il loro secondogenito, Ilaria Cucchi e Lucia Uva, a loro volta sorelle di altre due vittime uccise - secondo le denunce - dal mix micidiale di malapolizia e malasanità. Eì proprio vicino alle due donne che Patrizia Moretti commenta: «E' una sentenza giusta, una sentenza che non poteva che essere confermata. E' anche una sentenza utile a impedire, nei processi che si stanno celebrando, il linciaggio delle vittime delle forze dell'ordine imputate. Siamo noi familiari a subire questo linciaggio nei processi dove vengono accusati i nostri cari che vengono sempre presentati e messi sotto accusa».
In nessun momento del processo è venuta meno la granitica solidarietà ai quattro condannati da parte della stragrande maggioranza di superiori, colleghi e rappresentanze sindacali. I difensori dei quattro imputati - cui s'è aggiunto per il processo d'appello, il legale del premier Ghedini - hanno già annunciato ricorso in Cassazione contro quella che ritengono «una sentenza più che ingiusta». Solo due degli imputati, Paolo Forlani ed Enzo Pontani hanno ascoltato il dispositivo. Presente anche il padre di Federico, Lino Aldrovandi: «La conferma della sentenza è l'ultima carezza che ci ha dato Federico da lassù. Non posso che ringraziare tanti che hanno permesso di arrivare fino qui tra cui il Pm Nicola Proto». La stessa Procura di Ferrara ha commentato: «Prendiamo atto con soddisfazione della conferma della sentenza».
Dopo oltre cento giorni di silenzio, i genitori di Federico decisero di aprire un blog (tuttora attivo: http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/) per mettere nero su bianco tutti i dubbi su una versione ufficiale ripetutamente manipolata dalla questura non appena emergevano nuovi dettagli. Del blog si accorsero Indymedia e Liberazione così da far migrare il caso oltre la coltre di nebbia di una città assuefatta dall'ideologia sicuritaria. Rapidamente anche il manifesto, Chi l'ha visto? e due voci locali - estense.com e Tele Estense - seppero sottrarsi alle pressioni di chi avrebbe voluto che il delitto restasse uno dei tanti casi insoluti, insabbiati nella "zona del silenzio" (così avvertiva un cartello dell'ippodromo, a pochi passi dal luogo in cui morì il ragazzo). La campagna di stampa ebbe un impulso decisivo sulla controinchiesta dei legali della famiglia Aldrovandi - da Fabio Anselmo a Riccardo Venturi, da Beniamino Del Mercato a Stefano Gamberini - e il cambio di pm avrebbe portato al rinvio a giudizio degli agenti dopo una prima fase in cui l'oblio sembrava inevitabile.