Federico Aldrovandi ha da poco compiuto diciotto anni quando, all'alba del 25 settembre 2005, incontra una pattuglia della polizia nei pressi dell'ippodromo, a Ferrara. Poche ore più tardi la famiglia apprende della sua scomparsa. Fra questi due momenti tante domande e molti silenzi. Il libro ripercorre le vicende umane e giudiziarie legate alla morte di Federico, le ricostruzioni della polizia che parlano di morte per overdose, lo stupore e il dolore di parenti e amici e un'inchiesta giudiziaria inizialmente destinata all'archiviazione... Poi i primi sospetti, il corpo sfigurato del ragazzo, le versioni ufficiali che vengono smentite dalle analisi, il coinvolgimento delle forze dell'ordine e i depistaggi. Lo scandalo, l'attenzione mediatica e il coraggio di una famiglia che, nel luglio del 2009, porteranno alle condanne in primo grado per quattro agenti di polizia. Nel DVD Filippo Vendemmiati racconta la storia di Federico Aldrovandi, i fatti accertati e misteri che li avvolgono, il processo e i suoi numerosi colpi di scena, tentando di fornire una spiegazione verosimile dell'accaduto proprio a partire da quegli interrogativi rimasti insoluti. La narrazione di Vendemmiati è arricchita dai documenti video registrati dagli stessi protagonisti, a disposizione nell'archivio giornalistico Rai.
"È stato morto un ragazzo" è anche una storia sulla libertà di stampa
di Filippo Vendemmiati
Ho cominciato ad occuparmi della storia di Federico Aldrovandi non proprio dall'inizio, e anche di questa pigrizia e scetticismo professionale il film racconta. Come cronista Rai avevo già seguito inchieste come il disastro dell'aereo militare caduto il 6 dicembre del '90 su una scuola di Casalecchio di Reno, e costato la vita a dodici ragazzi, o l'assassinio del Prof. Marco Biagi, ad opera di un commando delle Nuove B.R., il 19 marzo del 2002.
La morte di Federico poteva essere un fatto come altri, ma su questo a differenza di altri ho deciso di fermarmi e considerare, per una volta, che valeva la pena raccontare la storia e non la notizia. Ho conservato le video cassette originali, i taccuini con gli appunti, tutti quegli strumenti usa e getta che oggi fanno del giornalista un uomo che ha sempre fretta, in preda ad un falso (e isterico) movimento. Volevo scrivere un libro di cronaca, poi l'archivio con centinaia di immagini mi ha convinto che erano quelle a dover essere raccontate, cosi ho deciso di mettermi al loro servizio. E' una storia che ha a che fare con il sistema dell'informazione e della giustizia, con la violenza delle istituzioni e il diritto alla giustizia dei cittadini. I genitori di Federico e i loro legali sono andati avanti non accontentandosi delle versioni ufficiali, raccogliendo brandelli di verità nonostante i tanti tentativi di insabbiamento e mistificazione che hanno accompagnato il caso fin dai primissimi istanti. Per arrivare infine ad una verità anche peggiore di quanto temessero, dopo aver aperto i cassetti dei ricordi e del dolore accettando di renderli pubblici. Ho parlato loro di questo progetto, ne ho ricevuto un consenso incondizionato, senza il quale non avrei mai iniziato. Il lavoro è durato un anno, e devo solo alla famiglia di Federico la forza e la voglia di arrivare in porto, perché la passione e l'impegno nella parte realizzativa si sono duramente scontrati contro ostacoli burocratici e legali.
Dice Patrizia, la mamma, nel film: "La notizia della morte di Federico dopo poche settimane era sparita dai giornali locali, è rimbalzata a Ferrara da fuori, dopo l'apertura del mio blog".
Senza mai arrendersi, ricorrendo anche agli strumenti della comunicazione via internet, Patrizia e il marito, Lino, sono riusciti a far pubblicare la storia di Aldro sulle prime pagine dei media nazionali, e a dare impulso ed elementi investigativi ad un'inchiesta ormai destinata all'archiviazione. A quattro mesi dalla morte di Federico il fascicolo del pubblico ministero era infatti praticamente vuoto.
Nel film, che ha ottenuto l'appoggio dell'associazione Articolo 21 e della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, oltre al patrocinio della Regione Emilia Romagna, ho utilizzato documenti originali, spezzoni dell'inchiesta, filmati d'archivio e inserti narrativi.
"È stato morto un ragazzo" è anche una storia sulla libertà di stampa che pone l'accento sul presente e sul futuro prossimo dell'informazione in Italia. Se la legge bavaglio fosse stata in vigore cinque anni fa, senza poter pubblicare gli atti, le foto, le trascrizioni delle telefonate, si sarebbe mai scoperta la verità sulla morte di Federico e quella di altri casi simili, avvenuti prima e dopo?
Sono stato definito un giovane autore. Ringrazio particolarmente per il giovane, del resto quel conta è l'età percepita. Quanto ad "autore", sarà il giudizio sul film a stabilire fino a che punto io abbia saputo esserlo.