Federico Aldrovandi, quattro anni dopo. Mentre si avvicina il quarto anniversario della morte del diciottenne - rimasto ucciso durante una colluttazione con quattro agenti di polizia già condannati per omicidio colposo - il ricordo del ragazzo è ancora vivo in città e tra quanti gli volevano bene. Occasione di mantenere viva la memoria di questo e altri tragici eventi della storia italiana, è stato l'incontro organizzato sabato sera all'Area Giovani di via Labriola dall'associazione Spartacus. protagoniste due mamme: Patrizia Moretti, madre di Federico, ed Haidi Giuliani, madre di Carlo, ucciso durante il G8 di Genova. Di fronte a una cinquantina di persone hanno ripercorso il loro dramma. Reti invisibili legano tra loro mamme, padri, sorelle e fratelli accomunati dalla memoria e dal suo valore, dal desiderio di giustizia, non solo dei tribunali, ma quella sociale che porta all'isolamento dei colpevoli. Due mamme in particolare, Haidi Giuliani e Patrizia Moretti sono donne tenaci, mosse dal desiderio di verità. A un mese dalla sentenza di Strasburgo sul caso di Carlo Giuliani, la madre commenta: «Sono addolorata dalle parole di Gianfranco Fini alla festa del Pd, che continua a parlare di legittima difesa, mentre il nostro ricorso alla Corte Europea non riguardava la legittima difesa, ma due altri presupposti: il primo che lo Stato italiano non si è preoccupato di tutelare i manifestanti, e che una volta ucciso mio figlio, lo Stato non ha concesso alla famiglia di sapere la verità. Mi ha addolorato ancora di più l'applauso degli appartenenti al partito democratico. Quando ho saputo della morte di Federico, mi sono sentita sconfitta, perchè ho pensato che quanto abbiamo fatto non è servito a nulla. Ma c'è di più: i tre anni e mezzo dati ai colpevoli dell'uccisione di Aldro, sono pochi in confronto a chi a Genova ha bruciato una divisa dei carabinieri e rotto una vetrina, ed è stato condannato a 10 anni e 4 mesi. Non si può paragonare questo fatto all'uccisione di qualcuno, questa si chiama ingiustizia». Solitudine e disperazione: questo ha provato Patrizia prima di chiedere giustizia e prima di incontrare persone che l'hanno aiutata e sostenuta, tanti giovani che hanno espresso il loro potenziale democratico. «La giustizia - dice - non è limitata a un evento, ma al disprezzo sociale. Nel caso degli assassini di Federico, mi aspetterei almeno che venissero sospesi, la vera giustizia è quella trasversale, che li giudica per quello che hanno fatto. Dopo la sentenza di condanna in primo grado, non mi sento nè vincitrice, nè vinta, perchè non è successo niente, mentre queste persone dovrebbero essere disonorate, espulse dall'arma. Non ci sarà una vera vittoria finchè non sapremo che questi fatti non accadranno più».